Nulla- Parte I

 



Carattere saturnino: chi risente dell’influsso del pianeta Saturno ha una propensione alla riflessione, alla meditazione, alla filosofia e alla mistica; ma anche alla tristezza, alla stravaganza, agli sbalzi d’umore e alla follia. Malinconico: chi soffre di un eccesso della bile, che lo rende insofferente, inquieto.

Quando Chiara stava passando la sua prima notte andava a consigliarsi da padre Giovanni Battista Tomasi, stimmatino, qui a Roma, in via del Mazzarino. Io l’accompagnavo, stavo fuori della porta o addirittura nell’auto. Lei ogni volta usciva contenta. Ma poco dopo mi diceva di accompagnarla di nuovo da lui. Prima era una volta la settimana, poi più volte alla settimana, sempre più spesso. A un certo punto padre Tomasi le diede un grosso libro di Giovanni della Croce, tutto dorato e lei, in macchina, ha incominciato subito a sfogliarlo. Vi si ritrovava. Si sentiva anche lei – come scrive il santo spagnolo dell’anima sotto prova – come un “ragno”, come un insetto. Il focolare era in via Quattro Venti. Allora Roma non era estesa come adesso, c’erano ancora i campi attorno e i pastori con i greggi. «Mi piacerebbe essere quella pecora là, diceva, perché almeno non ha la volontà e agisce secondo la legge naturale». Ogni minima imperfezione la vedeva così ingigantita da sembrarle di fare peccati mortali. È proprio quello che san Giovanni della Croce descrive come notte oscura dello spirito. Chiara paragonava il suo cammino di vita spirituale con quello scritto da lui e trovava una profonda consonanza. Ma, per descrivere la “nostra” via fa come un passo avanti: per avere “Gesù in mezzo”, che è tutta la nostra vita, dobbiamo perdere non soltanto il nostro negativo, i nostri attaccamenti, l’“uomo vecchio”, ma anche le ispirazioni, l’“uomo nuovo”; dobbiamo spostare anche Dio in noi per amore di Gesù nel fratello. Parlava di perdere Dio per Dio, per l’unità vera, cioè per Dio in mezzo a noi. (Intervista ad Eli Folonari, Le notti interiori di Chiara, Città Nuova, 14 marzo 2016)

Giulia “Eli” Folonari era laureata in Economia alla Cattolica di Milano, svolgeva per Chiara la funzione di segretaria: sicuramente avrà provato anche ad imporsi, a dirle di smettere di tornare in continuazione dal padre Tomasi, il quale ha cercato forse di levarsela un po’ di torno, regalandole un libro di San Giovanni della Croce  (è d’oro, a Chiara gli oggetti di lusso piacciono molto). Ed invece ha generato l’ennesima ossessione. Chiara non tollera il dissenso: avrà respinto Eli, dicendole di allontanarsi da lei perché incapace di tenere Gesù in mezzo, e magari è stata proprio quella volta in cui l’ha buttata fuori dal suo focolare. Eli si sarà addestrata a sviluppare delle tattiche per sopravvivere indenne ai continui sbalzi d’umore di Chiara, tacendo, convinta di “fare tesoro dentro di sé” di ogni cosa, secondo il modello della Vergine Maria, almeno come le due se la immaginano.
Chissà se Eli è andata avanti ad approfondire con Chiara il discorso della pecora, che è una notevole rivelazione, da parte sua. Certo che, in una storia in cui parliamo di controllo mentale e manipolazioni… Proprio la pecora doveva individuare Chiara, come emblema dell’essere che vive privo di qualunque volontà? Speriamo che almeno fosse una pecora nera, ma ne dubito…

Ritorniamo, per un attimo, al grande evento del Familyfest in mondovisione, il 5 giugno 1993:

Anche se i resoconti ufficiali del Focolare sulla manifestazione furono prevedibilmente entusiastici, lo scrittore David Willley, corrispondente della BBC a Roma non ne fu convinto. Gli sembrò che ai partecipanti fosse fatto il lavaggio del cervello e notò un tono di autocompiacimento che descrisse come il “predicare al convertito”. Willey fu sorpreso dall’assenza di Chiara Lubich che, a quel tempo, era quasi da un anno in Svizzera misteriosamente indisposta. Egli racconta che l’ascolto di un messaggio registrato dalla fondatrice creò un’atmosfera particolarmente strana: era “una voce senza corpo” che echeggiava nel palazzetto rimbombante. (Gordon Urquhart, Le armate del papa, Ibid.)

Avete capito che gli scrittori hanno vita breve, nel Movimento dei Focolari, colgono troppo. Una Chiara che non c’è, ridotta ad una voce senza corpo: non si potrebbe descrivere meglio il finale della sua storia. La Non-Chiara è finalmente diventata “solo messaggio”, ed ha raggiunto il grado dell’“inesistenza” che, come leggeremo in queste pagine, le stava molto a cuore. Eppure non ne sembra particolarmente felice, e la comunità dei Focolari, imbarazzata, cerca di nascondere i motivi della sua assenza.

Era ormai da quasi due anni che non avevamo più avuto notizie dirette di lei, dal 22 settembre 2004, il giorno in cui era entrata in una prova che sembrava non finire mai. Avevamo saputo che quel giorno era scesa in macchina a Roma per andare a vedere la sala del Claretianum dove avrebbe ricevuto il mese dopo la laurea h.c. in teologia della vita consacrata. E sembra che, mentre tornava a Rocca di Papa, fosse diventata seria e avesse smesso di parlare, tanto che le pope che erano con lei in macchina le avevano chiesto se avevano fatto o detto qualcosa di sbagliato. (...) Sembrava proprio che la luce si fosse spenta, come se qualcuno avesse girato un interruttore, o che la fonte dalla quale per anni avevamo visto sgorgare fiumi d’acqua viva si fosse di colpo seccata. Si è passati in un attimo, senza soluzione di continuità, dal giorno alla notte, come se Chiara si fosse disfatta e fosse implosa su se stessa. Da quel 22 settembre 2004 non avevamo saputo più niente di lei o quasi. Solo alcune frasi confidate alle pope del suo focolare passavano di bocca in bocca nei corridoi del Centro dell’Opera e venivano ripetute sotto voce: “Ho servito il Signore Dio per tutta la vita, perché mi tratta così?” (all’inizio di quel periodo) ; “Perché, mio Dio, perché?” ; “Voi non sapete chi è Gesù abbandonato” (attorno a Natale 2004) ; “Se l’inferno fosse anche solo il quarto di quanto sto vivendo, sarebbe già terribile” ; “E’ la notte di Dio, l’inferno” ; “Non c’è più Chiara, rimane solo Silvia” (febbraio 2005). “E’ un mistero." (Michel Vandeleene, Testimonianza sulle notti di Chiara) 

Sono circolati dei testi di Michel Vandeleene che forse dovevano rimanere secretati, ma non dovrebbe trattarsi di questo caso. Michel, purtroppo prematuramente scomparso, era solito sviluppare dei temi sulla spiritualità di Chiara. Riportiamo questo pezzo in cui riferisce delle testimonianze relative all'ultimo periodo di Chiara, la lunga "notte oscura" con cui si è ritirata, senza mai più riassumere la guida del Movimento, fino alla morte. Un periodo di almeno quattro anni.

Come potete vedere, si tratta di voci sussurrate nei corridoi; questo "telefono senza fili" avrà sicuramente stravolto le poche notizie intorno a Chiara e alla sua salute, o comunque qualcosa si è perso per la strada, come al solito.

Ad esempio: Chiara ha poi ricevuto la laurea in Teologia? Sì: è il penultimo dei sedici Dottorati Honoris Causa che le sono stati conferiti. La cerimonia si è tenuta il 22 ottobre 2004, mentre si trovava ritirata in Svizzera. Il Claretianum è il  Pontificio Istituto per la Vita Consacrata, legato alla Pontificia Università Lateranense. Non sembrerebbe un ambiente particolarmente ostile, anzi: anche il Claretianum ha un fondatore carismatico, Antonio Maria Claret.

“Un figlio del Cuore Immacolato di Maria è una persona che arde di carità e dovunque passa brucia. Desidera effettivamente e si dà da fare con tutte le forze per infiammare gli uomini con il fuoco dell’amore divino. Non si lascia distogliere da nulla, gode delle privazioni, affronta le fatiche, abbraccia i travagli, si rallegra delle calunnie, è felice nei tormenti e nelle sofferenze che gli tocca patire e si gloria della croce di Gesù Cristo. A null’altro pensa se non come seguire Gesù e imitarlo nella preghiera, nella fatica, nella sopportazione e nel cercare sempre e solo la gloria di Dio e la salvezza delle anime.” (Sant'Antonio Maria Claret, Costituzioni CMF nº. 9, in https://www.claretianum.org/chi-siamo/missionari-clarettiani/ .

Ormai conosciamo bene questo tipo di linguaggio, che è molto affine a quello che usa Chiara stessa; possiamo dire che abbia trovato un altro ispiratore della sua visione del cristianesimo. Da vera professionista della comunicazione qual è, è andata a visionare la sala in cui si terrà la cerimonia, e dove contava di tenere in presenza il suo discorso. Che invece sarà letto da qualcun altro,  mentre lei è ridotta, ancora una volta, alle sue parole. 
 E se avesse incontrato qualcuno? Se qualcuno avesse voluto farle delle osservazioni relative al contenuto del discorso? Chiara sta per esporre la sua teologia in un ambiente specialistico; non è la prima volta che lo fa, ma è la prima volta che consegue un dottorato negli ambienti vaticani. Insomma, c'è qualcosa o qualcuno che ha contrastato Chiara, turbandola? Oppure, mentre viaggiava in auto, è stata colta da uno di quegli scrupoli descritti da Eli, che dalle cose minime si ingigantiscono fino ad inceppare il suo pensiero? Siamo nel puro campo delle ipotesi.

"Ho servito il Signore Dio per tutta la vita: perché mi tratta così?" Questo non è il solito tipo di linguaggio che conosciamo da Chiara! Per caso "Perché mi tratta così?" è riferito a qualcuno di molto più umano, qualcuno che magari indossa una tonaca o un clergyman, ed è in grado di imporsi su di lei?  Siamo sempre nelle ipotesi. 

(Finché i popi non ci sentono: a me sembra che qui Chiara sia viva e vegeta, per quanto sofferente; non si è dematerializzata, ma semplicemente stufata, e sta avendo uno sonoro scazzo matrimoniale con il suo Sposo, come sarebbe anche normale, dopo sessant'anni di unione. Affermando "Ho servito il Signore", come una suora qualunque, sta prendendo le distanze da Lui, da quel processo di fusione che, come vedremo, la portava a corteggiare il nichilismo, per "far vivere" solo Gesù. E, soprattutto, si è riappropriata di Silvia, la sua vera identità, che passa per il suo nome. Silvia Lubich ha un nome, Michel Vandeleene ha un nome, Eli Folonari ha un nome; ma le pope che accompagnano Chiara in auto, che raccolgono le sue confidenze, loro rimangono senza nome.) 

Se Teresa di Lisieux era stata ammessa alla “tavola dei peccatori”, Chiara, dal canto suo, ha sperimentato l’assenza di Dio, il buio assoluto, il nichilismo. Quando la si legge, non si può non ricordare la descrizione fatta da Nietzsche dello stato nel quale si ritrova l’uomo contemporaneo dopo aver “ucciso Dio”: perso e vagante su un pianeta alla deriva in un universo ormai senza senso. (Michel Vandeleene, Testimonianza sulle notti di Chiara) 

Caro Michel, che tenerezza fai, tu con tutti i focolarini, quando tentate di immaginarvi la "morte di Dio" dell'uomo contemporaneo, e credete che corrisponda agli stati di disperazione della Lubich. Nietzsche e i nichilisti stanno alla grande in confronto a lei- avrei voglia di dire che "stanno da dio", ma ne verrebbe fuori una battutaccia- o meglio, stanno come tutti gli uomini di qualunque epoca. E invece siete voi a coltivare una forma mortale di nichilismo, proprio tra le pieghe dell'Ideale, ma non potete rendervene conto.

Ricordo che Chiara portò questo librone anche da Frate Jacopa e che, finito il pranzo, mentre la signora e il marito si erano ritirati in un’altra stanza, Chiara, con noi focolarini e focolarine attorno, ci leggeva vari brani sulla “notte”: la persona in quello stato, vedendosi solo peccatrice, vorrebbe essere piuttosto senza libertà, come un animale che obbedisce alla legge naturale, o addirittura come un insetto, «un ragno» era scritto in san Giovanni della Croce. Chiara citava questo paragone come quello che veramente la esprimeva. E continuava a leggere a noi che, come potevamo, partecipavamo a questo suo infinito turbamento spirituale. (Eli Folonari, Testimonianza su Chiara Lubich e le sue "notti", Città Nuova 21 ottobre 2010)

In un nuovo articolo-testimonianza di Eli, precedente di sei anni a quello che abbiamo letto, conosciamo il seguito della storia della pecora: Chiara tira fuori il libro d'oro di padre Tomasi, diventato significativamente "un librone", e incomincia ad imporre ai focolarini l'interminabile lettura e illustrazione dei suoi stati di turbamento. Non si può immaginare una rappresentazione più esplicita del narcisismo, e verrebbe voglia di pensare che Eli, con il suo "Come potevamo, partecipavamo" intenda dire, piuttosto diplomaticamente, "Partecipavamo anche se non ne potevamo più". E per caricare ancor più di grottesco la rappresentazione di questo assoluto narcisismo del gruppo focolarino, ridotto ad esistere in funzione di Chiara, come suo placebo, suo contenimento... E' in evidenza il comportamento del Cavalier Alvino e della moglie Elena "Frate Jacopa", coloro che nella scena rappresentano in minima parte l'umanità, la famosa umanità che Chiara vorrebbe amare e conquistare. Per giunta un'umanità che ospita e sfama Chiara, invece del contrario; giustamente, quando s'è fatta una certa, si ritirano per la pennichella, e con le notti dello spirito resteranno a sbrigarsela i popi. 

Questa non sarà una storia sulle “notti” di Chiara Lubich. Parleremo di “nulla e di nichilismo” riferendoci non tanto a ciò che Chiara dice di sentire dentro di sé, ma piuttosto alla sua campagna per “nullificare” gli altri, a partire dai focolarini, con esiti per lo più disastrosi.

Certo, non ci voleva, per Chiara, scoprire di avere un’indole incline all'umor nero e alla noia; proprio lei, che avrebbe voluto spaccare il mondo ed essere la più luminosa delle stelle. In questa storia ha accentuato ancora di più una sua caratteristica: portare tutto all’estremo. Se è un po’ insoddisfatta, è all’Inferno, se le cose vanno bene, è in Paradiso, per uscire da queste montagne russe ha una soluzione molto semplice: smettere di essere umana e farsi “possedere” da Dio, sostituendo completamente la propria personalità con la Sua. In seguito, come vedremo, pretenderà che lo facciano gli altri del Movimento.

Di quel tempo ho anche molto presente una confidenza che Chiara ci aveva fatto: il diavolo con la sua logica le suggeriva: «Ti sei creata un mondo che non esiste. È tutta un’illusione tua questo Dio-Amore, questo amore ai fratelli, questo amore reciproco. Ti sei fatta un castello sopra le nuvole. Guarda la realtà, il mondo fuori. La vita è un’altra…». Ma un giorno lei stessa, vedendo accanto a sé Natalia che preparava con cura qualcosa da offrirle, dentro di sé disse: «Come si fa a non amare questa Natalia?». E si decise di nuovo ad amare. E l’amore ritornò in lei, e la notte scomparve (Eli Folonari, Ibid.

Il racconto continua, Eli non si rende conto di una contraddizione. La notte scomparve? Ma non si trattava di periodi voluti da Dio? San Giovanni della Croce sostiene che Dio lavora l'anima fino a quando non ritiene di averla fatta approdare ad uno stato di grazia superiore. Non è lui a decidere il finale? Ora, all'improvviso, la "notte" si conclude per un atto volontaristico di Chiara, che si "mette di nuovo ad amare".
A meno che Eli non sia, sotto sotto, dei nostri, e ci abbia espresso, sempre molto diplomaticamente, la sua opinione. Chiara ha smesso di fare i capricci, perché di questo si trattava. Certo, nemmeno Eli arriva a comprendere che Chiara NON ha iniziato ad amare Natalia, solamente perché si è accorta di essere servita e riverita da lei. Natalia messo in atto le solite dinamiche che fanno funzionare il gruppo, e a che noi sembrano malsane, e Chiara le ha riconosciute ed approvate di nuovo. "Si decise di nuovo ad amare" significa "La dipendenza continua". 

"Il diavolo con la sua logica": diciamo che, in realtà, questa è "la logica con il suo diavolo"; il buon senso che Chiara non ha perso del tutto. "La vita è un'altra": potrebbero dare tutte, e tutti, una spallata ed "uscire" dal focolare svizzero, romano, loppianino... A respirare l'aria del mondo reale?  

Ecco la grande attrattiva del tempo moderno;
penetrare nella più alta contemplazione
e rimanere mescolati fra tutti,
uomo accanto a uomo.

Vorrei dire di più: perdersi nella folla,
per informarla del divino,
come s'inzuppa un frusto di pane nel vino.

                                (Chiara Lubich, L'attrattiva del tempo moderno)

E' Chiara, la grande attrattiva, con la proposta del suo Ideale... O piuttosto è il contrario,  una volta tanto? Se fosse il tempo moderno ad esercitare una grande attrattiva su di lei? Ma non funziona. 

E' come se la strada, ogni volta che inizia a percorrerla, intraprendesse una strana curva quando si immerge nelle città degli uomini. 
"Informare" significa plasmare, dare la forma; ma l'immagine usata da Chiara, il pane che viene immerso nel vino, fa pensare ad un'altra espressione da lei usata spesso: la "penetrazione". Nei versi precedenti, infatti, parla di "penetrare nella più alta contemplazione", ma esistono altri suoi scritti in cui descrive il processo opposto, il "Divino che penetra nell'umano". 

Quello che le sfugge, e forse è la causa di tutti i guai, è che "plasmare" e "penetrare" sono due azioni che richiedono il consenso da parte di chi le subisce. Altrimenti, si chiamano "violenza". La folla ha per caso chiesto a Chiara di diventare "divina"? E se stessero benissimo così come sono? Il vino impregna con rapidità la mollica del pane, e la folla si ritrova inebriata, ubriaca dell'esperienza "divina" senza rendersene conto. 

Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono. (Mtt, 11, 12)

Gesù intende dire che gli uomini più "violenti", ovvero più ardimentosi, danno la scalata al Cielo, fanno una sorta di "violenza" a Dio. E non che sia Dio a fare violenza agli uomini. 

Se Dio vivesse al posto di Chiara, Lui sarebbe qualcuno in grado di rispettare, tollerare, non violentare intimamente il prossimo. Forse è per questo che vuole lasciarGli il posto, cessare di esistere. Dio non ha bisogno di invadere i confini, di occupare gli esseri, di cui Lui stesso è artefice e signore. Chiara, invece, non riesce a smettere di farlo, per la sua natura insaziabile. 

Prossimo post: Nulla- Parte II 



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