La questione sociale ed il tema della città in Chiara Lubich

 

Pier Paolo Pasolini a Roma, anni Sessanta

La “risurrezione di Roma”

Il primo scritto organico di Chiara sulla città.
Risale all’ottobre 1949 e riguarda proprio la città di Roma. Era arrivata in città un anno prima ed era rimasta delusa perché aveva in cuore tutta un’altra idea della Roma cristiana:
“Se io guardo questa Roma così com’è, sento il mio Ideale lontano come sono lontani i tempi nei quali i grandi santi e i grandi martiri illuminavano attorno a loro con l’eterna Luce persino le mura di questi monumenti che ancora s’ergono a testimoniare l’amore che univa i primi cristiani”.
Non si lascia tuttavia scoraggiare da questo primo moto di delusione perché pensa che anche Cristo – così continua lo scritto – “guardava il mondo così come lo vedo io, ma non dubitava. Insaziato e triste per il tutto che correva alla rovina, riguardava pregando di notte il Cielo lassù e il Cielo dentro di sé, dove la Trinità viveva ed era l’Essere vero, il Tutto concreto, mentre fuori per le vie camminava la nullità che passa. E anch’io faccio come lui… (Il contributo dei carismi alla società, dalla rivista "Unità e carismi" in Città nuova, 10 giugno 2010)

E' palpabile la delusione di Chiara, nello scoprire che a Roma, nel 1949, non ci sono più i leoni che inseguono i cristiani nei paraggi del Colosseo, ma bensì abbondano altre categorie di animali più inquietanti; per parafrasare il  grande cantautore Rino Gaetano, "E poi 2000 anni di safari, fra antilopi e giaguari, sciacalli e lapin". D'altra parte Igino Giordani l'aveva messa sull'avviso, la sua ingenuità trentina non è fatta per mischiarsi con la corruzione del mondo, ma Chiara è convintissima: la sua vocazione è "perdersi nella folla", come scrive in un'altra meditazione, "La grande attrattiva del tempo moderno". Altrimenti perché avrebbe tanto insistito per intraprendere una nuova via, rifiutandosi di chiudersi in un convento?


Avrete notato le due annotazioni finali: "Resurrezione di Roma" appartiene alla storica raccolta "Meditazioni" (1959), di cui abbiamo parlato spesso anche in questo sito, ma viene corretta e rieditata per la rivista "Nuova umanità", espressione della Scuola Abbà. Chiara rivede, supportata dai suoi studiosi, la propria dottrina dei primi tempi, andando ad emendare quei testi che, a detta sua, risentono un po' dello stile dell'epoca. Ma sarà solo una questione di stile?

In questo post ci occuperemo del tema della città così come viene proposto da Chiara Lubich, in modo particolare proprio in "Meditazioni". Come vedremo, questi testi verranno ripresi in epoche successive in forme anche insolite, come nel caso delle canzoni dei gen. 
Nell'immaginario collettivo del Movimento le meditazioni sulle città sono  importanti, perché approfondiscono la cosiddetta "questione sociale", ovvero danno le linee guida per risolvere i problemi sociali alla luce del carisma dell'Unità. Sono, quindi, molto care ai movimenti più esterni dell'Opera di Maria (Umanità Nuova, Giovani per un Mondo Unito...) e ai giovani in generale, dato che il Movimento Gen nasce in epoca di contestazione, nella quale l'impegno sociale è un dovere assoluto. Manifestazioni come il Genfest sono quasi integralmente dedicate al lancio di "azioni" a sfondo sociale e, se ci fate caso, la location del Genfest viene di volta in volta identificata con una città. L'attivismo del movimento predilige la dimensione locale, con una suddivisione scrupolosa del territorio, ma la campagna suona un po' troppo provinciale, in fondo lo sappiamo che il "pagus" è troppo conservatore: il mondo si cambia una città alla volta.
Ma allora perché ci ritroviamo a ripetere ai focolarini "Ma voi di preciso che cosa fate?" Perché, tra la marea di slogan, gli incontri dei Genfest e delle "Settimane mondo unito" ci sembrano così poco concreti?
Forse perché, molto semplicemente, intere generazioni di lettori si sono rivolte a Chiara cercando da lei qualcosa che non potevano trovare. Chiara Lubich, probabilmente, non si è mai voluta occupare della questione sociale, e non è  nemmeno la persona giusta per farlo; siamo noi che proiettiamo su di lei, come spesso accade, delle istanze personali per renderla simile a noi, per umanizzare il suo pensiero che, se viene rivisto con attenzione, è lontano e sconcertante.

Riprendiamo "Resurrezione di Roma": chi, trascorrendo anche un solo giorno a Roma, non direbbe che è una città piena di problemi e che un intervento dei focolarini potrebbe farle bene, se diffondessero un po' di Ideale in giro? E non parliamo poi della Roma del dopoguerra, fatta di quartieri popolari come quello della foto con Pasolini, se non di vere e proprie baraccopoli. Chiara ha iniziato andando ad assistere i poveri di Trento, è di questo che stiamo parlando!
E, invece, se andiamo a rileggere la meditazione, della Roma pasoliniana, la Roma accattona e sofferente, la Roma felliniana dalle mille contraddizioni, la Roma neorealista dei ladri di biciclette, non troveremo praticamente nulla.

In questa meditazione ci sono una giovane donna delusa dalla conclusione dell'esperienza del "Paradiso '49", disorientata per il trasferimento in una grande città, e un Gesù che, a detta sua, è come lei, "insaziato e triste", e la pensa alla sua stessa maniera: "fuori per le vie camminava la nullità che passa". Un giudizio davvero estremo nei confronti delle altre persone, che Chiara si proponeva di aiutare. Lei, che in una celebre meditazione si offriva così: "Signore, dammi tutti i soli", disposta a consolare tutta la desolazione del mondo. 
Ora né Chiara, né Gesù sembrano dell'umore giusto per aiutare la gente che passa per strada. Qualcosa dev'essere andato storto nel Paradiso '49; non tanto le visioni in sé, per il loro misterioso contenuto, quanto la loro conclusione: è come se le aspettative di Chiara fossero state tradite dal brusco ritorno alla vita quotidiana. Perché si è sentita tanto svuotata e abbandonata, al pari di Gesù, che se non altro è un po' più ottimista di lei? "E tutto perché li aveva creati liberi": che leggerezza, da parte del grande Gesù, Chiara di sicuro non avrebbe mai commesso un simile errore! Il genere umano la delude troppo. 
Quello che esattamente fanno, i cittadini, per essere "la nullità che passa", non ci verrà rivelato, né in questa, né in altre meditazioni; sappiamo solo che "sozzure e vanità" dominano nelle strade, "nei nascondigli delle case dov'è l'ira con ogni peccato e agitazione". Chiara sta iniziando a rimpiangere le mura del convento, e lo rimarcherà in altri suoi scritti, disturbata dai rumori che provengono dagli appartamenti, dal gracchiare delle radioline che trasmettono canzoni mondane. E cosa dire di quelle "sozzure"? Sorge il sospetto che non siano i poveri e le prostitute, ma i soliti manifesti dei film immorali e del ballo scorretto, insomma, il solito moralismo a sfondo per lo più sessuale che caratterizza le ossessioni delle focolarine. 

"Passo per Roma e non la voglio guardare": come possa, questa, passare per la madre di tutte le meditazioni sociali, è uno dei più grandi misteri del Movimento. "Resurrezione di Roma" è un proclama di sociopatia e di rifiuto della società, e non a caso è stata corredata da Nuova Umanità con quelle due note finali, per correggere il tiro e riportarla dell'alveo della "evangelizzazione" e della dottrina sociale della Chiesa. Chiara sta sognando il ritorno di Gesù Cristo sulla terra, a liberarla finalmente dall'insopportabile mondo.

"Guardo il mondo dentro di me": interessante che Chiara non parli di "farsi nulla" o "morire a se stessa", per far vivere Gesù. L'annullamento tocca a noi, lei ha vissuto l'esperienza mistica, si è fatta Dio: dentro di sé ha "La Trinità che riposa nell'anima mia, illuminandola di eterna Luce e riempiendola di tutto il Cielo popolato di santi e angeli", il "Fuoco" che la fa "altro Cristo, altro uomo-Dio per partecipazione"... E può così procedere a risvegliare Gesù negli altri uomini. E' questa la "resurrezione": gli uomini si divinizzano, con il risultato di "Risuscitarvi i cristiani ed a far di quest'epoca, fredda perché atea, l'Epoca del Fuoco, l'epoca di Dio". "Per suscitare un po' di cristianesimo a far eco alle glorie passate": insomma, la Resurrezione di Roma è una potente evangelizzazione per far ritornare la città, che è divenuta troppo atea, quella grande capitale del Cristianesimo che, nell'immaginario di Chiara, era stata conquistata dai martiri e radicalmente trasformata dal paganesimo originario. Una città che, non serve dirlo, non è mai esistita.

Il riferimento all'Epoca del Fuoco può far pensare alle profezie di Gioacchino da Fiore : il periodo degli anni Cinquanta è fortemente caratterizzato da aspettative messianiche, tant'è vero che lo stesso giornale "Città Nuova", secondo la testimonianza di Don Foresi, deve il suo nome all'Apocalisse: 
"Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo." (Ap. 21:2).
C'è ben poco da risolvere problemi sociali, sta arrivando la fine del vecchio mondo, naturalmente con la rinascita e il trionfo dell'Uomo Nuovo, l'Uomo- Dio, e via dicendo. 

La città a cui Chiara sta facendo riferimento è la Gerusalemme celeste di Sant'Agostino, ma molto più prosaicamente il tema dell'individuo sperso nella folla della grande metropoli, anonima e impersonale, maleodorante e caotica, è al centro di tutta la riflessione culturale che accompagna la rivoluzione industriale, a partire da Baudelaire e da Dickens, per arrivare alla teoria del "non luogo"  di Marc Augé (1992). Ed infatti proprio a questo puntano i testi delle canzoni dei gen, nei loro tentativi di riconvertire in forme accattivanti per i loro coetanei le oscure frasi di Chiara sulla "resurrezione": non tanto la povertà, quanto la solitudine, non tanto il disagio socio economico, quanto quello esistenziale interiore. 

Una scena di "Roma" di Federico Fellini (1972)

Chiara Grillo 1974- Quante luci nella strada


Quante luci nella strada
Quanto chiasso e confusione
Quanti volti sconosciuti stan cantando una canzone

C’è una festa questa sera
La mia gioia sembra vera
Non mi accorgo che ridendo nel mio cuore sto morendo.
E son pronta per sognare
Non mi accorgo di chi muore
Via da me questo dolore, lasciami dimenticare.

Torno a casa, tutto è buio ormai
Sono stanca, ma niente di più
Penso a un viaggio, una chitarra e poi
Emozioni, ma niente di più, niente di più
Niente…

Sono sola in questa stanza
Ho perduto la speranza
Sono schiava del mio mondo
Troppo falso per un cuore

Ora è buia questa strada
E nel buio T’ho cercato
Nella mente mille cose
Ma di vero solo il vuoto

Ecco un nuovo mondo appare
Sembra assurdo ormai sognare
Son rimasta senza niente, ma sto andando tra la gente…

A chi non è mai capitato di sentirsi triste e annoiato nel bel mezzo di una festa, dove tutti sembrano divertirsi moltissimo? Ma nella retorica focolarina tutto è da ricondurre ad un "vuoto" di senso, che nasce dalla vita urbana: le luci della strada, il chiasso, la confusione, i volti sconosciuti. L'unico riferimento alla questione sociale può essere nel verso "Non mi accorgo di chi muore", ad intendere che il divertimento non ha alcun valore positivo, è solamente antitetico all'impegno, segno di egoismo, di una vita che non è impostata sui veri valori.

Chi scrive si ricorda di una canzone ascoltata nell'infanzia, ad un cosiddetto "Pomeriggio della ragazza": una gen più grande provava e riprovava la canzone di una certa Araceli, una giovane spagnola morta misteriosamente in un incidente stradale. La canzone, rimasta impressa nella mia memoria, diceva pressappoco le stesse cose di quella di Chiara Grillo:

Tra palazzi, case, volti, sguardi, voci
Confusione di parole e di pensieri;
abbagliata da complimenti e da mille luci
manifesti appiccicati sopra i muri.

(...) E nel chiasso di chi cerca,
di chi vuol star sempre meglio,
lasciar tutto per seguire l'Amore.

Insomma, queste città sono popolate da gente che sta troppo bene, non troppo male, secondo un'altra grande tirata moralistica dei focolarini: la condanna del consumismo, vero nemico della spiritualità. Ma nel bel mezzo del "chiasso", la disarmonia della dimensione urbana, è possibile sentire la chiamata dell'Ideale, per lasciare tutto ed appartenere ad un altro mondo. 

Progetto Uno 1994 – La mia città



Cammino per strada, sotto il sole, qui nella mia città,
mi fermo sotto l'ombrellone per sedermi al tavolo di un bar.
Guardo i volti di chi si ferma qui prima di partire,
sono angeli un po' timidi.


Io vedo i colori dei murales, qui nella mia città,
dipinti per comunicare tristezza di una vita che non va.
Quant'è fragile questo grido che parte dal profondo, e mi chiedo se c'è uno come me.

Dov'è l'amore? Dove sta?
E se vive nella mia città lo cercherei, poi morirei per far rivivere la mia città

Se diamo la vita alle rovine, qui nella mia città,
col cuore che batte senza fine, la città con noi risorgerà.
È possibile, non è facile e ci riusciremo.
È una certezza che brucia dentro me.

Dov'è l'amore? Dove sta?
E se vive nella mia città lo cercherei, poi morirei per far rivivere la mia città.
Noi faremo vivere di nuovo la città.

Sono passati gli anni, ai gen si sono aggiunti i GMU, i quali non gradirebbero la condanna in toto dei cittadini pagani ed infedeli, e così gli sconosciuti passanti sono divenuti "angeli un po' timidi". Per quanto gli anni passino, dalla parola di Chiara non ci si schioda, e le tematiche sono sempre le stesse: i murales che esprimono la "tristezza di una vita che non va", il grido di dolore (Gesù Abbandonato), le "rovine" (quali siano non è dato saperlo, più spirituali che fisiche sicuramente). Come al solito bisogna "morire" per risorgere, vivere di nuovo la città, che ora è "la mia città", quindi denota un certo orgoglio ed amore, però, a quanto pare, è una città morta, prima dell'intervento dei gen. 

Le città 2008- Chiara Grillo e Sandro Crippa


Ritorna Chiara Grillo, stavolta in veste di compositrice per Run4Unity, uno dei molti eventi dedicati ai Ragazzi per l'Unità. 

Immagina un po’ se le strade dove stai camminando
Ti facessero sentire a casa tua
Se fossero proprio le piazze dove stai riposando
Ad accoglierti anche se non sei di qui
Come vorrei che fosse così
La mia città, una casa per te.

Immagina poi se i palazzi si vestissero a festa,
per far bello tutto il bello che vorrai,

se i muri ti aprissero il cuore
tu potresti passare anche dove non lo avresti fatto mai.
Se tu vorrai, sarà così
Oggi lo sai che sono qui.

Le città non sono solo di mattone,
soprattutto sono fatte di persone
con i miei respiri, con i tuoi respiri,
con i tuoi pensieri, qui nei miei pensieri
e non è solo un sogno, basta che lo vuoi
si può accendere il giorno sulla mia città.

Man mano che passa il tempo, scompaiono sempre più le critiche alla società intorno, ma il contenuto non diventa più impegnato: dal desiderio di fare qualcosa per accogliere gli altri, che era emerso in Progetto Uno, si passa a quello, ancora più egoistico, di essere accolti dalla città, in un contesto di benessere e di rigenerazione urbana, sicuramente importante, ma completamente ribaltato rispetto alla prospettiva di Chiara. Il motivo per cui Chiara si manteneva sul vago era semplicissimo: il suo impegno era esclusivamente spirituale, volto a generare Gesù, che avrebbe provveduto a risolvere le questioni. In questa canzone, finalmente, i protagonisti della città sono le persone, valorizzate con i loro respiri e i loro pensieri; ma cosa fanno esattamente di concreto? Quell' "accendere il giorno sulla mia città" farebbe pensare che non sia cambiato nulla, sotto sotto siamo i soliti gioachimiti che vogliono l'avvento dell'Era del Fuoco. 

Le cose si fanno ancora più interessanti quando le band dei gen si cimentano con un'altra meditazione nota per la sua valenza sociale: "Una città non basta", datata al 1 novembre 1954. Tra i vari tentativi, figura quello recentissimo degli AsOne, che affermano esplicitamente di essersi rifatti al testo di Chiara, nella loro canzone "Ci vuole coraggio". Potete ascoltarla, e pubblichiamo a seguito la versione integrale:



Se vuoi conquistare una città all’amore di Cristo, se vuoi trasformare un paese in regno di Dio, fa i tuoi calcoli. Prenditi degli amici che abbiano i tuoi sentimenti. Unisciti con loro nel Nome di Cristo e chiedi a loro di posporre ogni cosa a Dio. Poi statuisci con essi un patto: Promettetevi amore perpetuo e costante, affinché il Conquistatore del mondo sia sempre in mezzo a voi e vi sia condottiero; affinché distrutto il vostro io nell’amore, vi sorregga in ogni passo, vi terga ogni lacrima, vi sorrida ad ogni gioia, la Madre del bell’amore. Quindi, prendi le misure della città. Ricercane il capo spirituale ed il capo civile. E va coi tuoi amici dall’Uno e dall’altro. Esponi al primo il tuo piano e, se egli non consente, non muover passo, ché ogni cosa guasteresti. Se Egli ti consiglia e t’offre delle norme, accettale come comando e falle parola d’ordine per te e i tuoi amici. Al secondo dì la tua devozione, perché Cristo te l’ha comandato, ed offriti ad aiutarlo – col tuo apporto spirituale – nel suo grave compito. Interessati poi dei più miseri, degli straccioni, degli abbandonati, degli orfani, dei carcerati. Senza oppor sosta all’azione, corri coi tuoi a visitar Cristo in essi, a confortarli, a svelare ad essi che l’amore di Dio è loro vicino e li segue. Se qualcuno ha fame, portagli da mangiare e, se è ignudo, da vestire. Se non hai indumenti o cibo, chiedili al Padre Eterno con fede, perché sono necessari al Suo Figlio Cristo, Che tu vuoi servire in ogni uomo, ed Egli ti esaudirà. Carico di beni e di cose, percorri le strade, sali le soffitte, scendi nelle cantine, ricerca Cristo nei posti pubblici e privati, nelle stazioni, nelle ferrovie, nei bassifondi ed accarezzalo sopratutto col tuo sorriso. Poi promettigli eterno amore: ché dove tu non puoi, arrivano la tua preghiera e i tuoi dolori, uniti al Sacrificio dell’altare. Non lasciar nessuno solo e non lesinar nelle promesse, perché vai in nome dell’Onnipotente.
Mentre tu rallegri il Signore nei fratelli, Iddio penserà a riempire te e i tuoi compagni di celesti doni. Quelli comunicateli fra voi affinché la luce non stagni e l’amore non si spenga. Se la tua azione sarà decisa ed il tuo parlare condito di Sapienza, molti ti seguiranno. Dividi in vari manipoli questi uomini perché con essi tu possa lievitare la città che vuoi minare coll’amore. E continua. Se gli altri, conosciuta la tua vita e visti coi loro occhi i doni, ti chiederanno la parola, parla, ma il nerbo del tuo discorso sian le cose che hai imparate dalla vita. Rifatti nel tuo dire al pensiero della Chiesa e alla Scrittura a cui tu ed il tuo drappello vi sarete abbeverati come a prima fonte sicura, inesauribile, eterna: in modo che, se il Pastore parla, voi siate di Lui Parola viva. Sollevato, aiutato, illuminato, reso contento quello che era il rifiuto della società, hai gettato le fondamenta per l’edificio della nuova città. Allora, raccolti i tuoi, ripeti loro le beatitudini perché mai perdano essi il senso di Cristo e delle sue predilezioni. In seguito allarga lo sguardo e dì ad ognuno che ogni prossimo, ricco o povero, bello o brutto, capace o meno, è Cristo Che passa vicino. La tua acies, l’acies di Gesù, di Maria sia al suo servizio ed ognuno pianga con chi piange, goda con chi gode, condivida pene e gioie costantemente, con ogni sacrificio, senza smettere mai. Intercala la tua azione colla più profonda preghiera, elevata dal tuo esercito in perfetta unità, affinché – per Cristo – si ottenga da quel paese la maggior gloria.
E se il lottare costa, sappi che lì è il segreto della riuscita e che Colui, che ti spinge, ha pagato col sangue. Perdona e prega per chi ti vede male, ché, se non perdoni, non troverai misericordia. E se il dolore ti strugge, canta: “Ecco lo sposo mio, l’amico mio, il fratello mio”, affinché all’ora della morte, il Signore dica alla tua anima: “Sorgi, affrettati, amica mia, colomba mia, bella mia, e vieni”. Questo per una città fino alla vittoria, fino al punto cioè che il bene vinca sul male e Cristo attraverso noi possa ripetere: “Ho vinto il mondo”. Ma, con un Dio, che ti visita ogni mattina, se vuoi, una città è troppo poco. Egli è colui che ha fatto le stelle, che guida i destini dei secoli. Accordati con Lui e mira più lontano: alla tua patria, alla patria di tutti, al mondo. Ed ogni tuo respiro sia per questo; per questo ogni tuo gesto; per questo il tuo riposo e il tuo cammino. Arrivato di là, vedrai ciò che più vale e troverai ricompensa proporzionata al tuo amore. Fa in modo da non doverti pentire in quell’ora d’aver amato troppo poco.

Cos'è rimasto, nelle parole dei ragazzi, dei contenuti originali?

Nella 29° edizione di "Meditazioni" (2020), Maria Caterina Atzori scrive, nell'introduzione:
Tutte le versioni pubblicate fino alla 28° edizione ci parlano solo di un “capo spirituale”. In realtà, il manoscritto autografo ci restituisce anche un “capo civile”. Segno di quanto Chiara avesse una particolare visione particolarmente ampia, già nella sua giovane età, della frase evangelica “Date a Cesare quel che di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Come mai dunque questa omissione? L’edizione critica dovrà farsene carico.”

Come con il Paradiso '49, si promette una fantomatica edizione critica che risolva tutte le aporie del pensiero di Chiara, e che non arriva mai. Nel caso specifico, si capisce bene perché il "riferimento al capo civile" sia stato censurato da un' operazione successiva di riscrittura: i propositi di Chiara sono sempre quelli di fare la crociata, come era stato effettivamente con padre Veuthey, e tutte le scelte decisionali sono demandate al "capo spirituale", che evidentemente immagina come un vescovo, se non il papa; cosa che al capo civile non dovrebbe piacere troppo, soprattutto in una società di tipo laico. Laicità che, di fatto, la Lubich non comprende e che vorrebbe cancellare. 
Compaiono finalmente i poveri: ma in verità sono "straccioni", termine assai poco lusinghiero, che si trovano in compagnia di altri soggetti, gli stessi che sono citati in tutti gli scritti di Chiara (gli orfani, ad esempio, sono un suo pensiero ricorrente): perché? Perché si tratta di una applicazione meccanica delle Opere di Misericordia. Gesù ha dato quelle indicazioni per realizzare "il Regno dei Cieli" e Chiara le mette in pratica, convinta com'è che il Vangelo sia una serie formule e di suggerimenti da seguire, con effetto assicurato. Non è prevista un'osservazione, uno studio sistematico della città per capire quali siano le realtà problematiche che la caratterizzano, le reali necessità; abbiamo visto che Chiara non vuole guardare, la visione della nullità per le strade la corromperebbe. Ha fatto già i suoi calcoli, da stratega divina, sa di che cosa i poveri hanno bisogno; sorge il sospetto che parta da loro proprio perché sono le categorie più deboli, quelle più esposte all'influenza... di un movimento settario. 

E pensare che Chiara l'avrebbe scritta, una meditazione dal vero significato sociale: 

Ciò che rovina certe anime è una “falsa prudenza”- così la chiamano. E’ una prudenza umana e salta fuori ogni qualvolta il divino affiora. Sembra una virtù ed è più antipatica del vizio. Non vuole scuotere nessuno. Lascia che i ricchi vadano all’inferno (“hanno già la loro ricompensa”) perché non li illumina. Chissà che potrebbe succedere! Lascia che nella famiglia accanto alla propria si bastonino e magari si ammazzino, perché potrebbero dire che si impiccia dei fatti altrui, oppure si potrebbe finire come testimoni in tribunale. E sono noie! Consiglia i santi a moderarsi, perché potrebbe capitar loro qualcosa. Si isola ed isola, questa prudenza, come una morsa, perché nasce dalla paura.
Soprattutto con Dio ce l’ha, perché se Egli agisse troppo nel mondo, attraverso i Suoi figli fedeli, potrebbe provocare una rivoluzione, e quei figli, al par di Cristo, potrebbero rimetterci la vita, odiati come Lui dal mondo.
E’ una finta dote, e credo sia coltivata o assecondata dal diavolo, che in quel clima può molto lavorare.
Ci fu uno che non la ebbe mai. Fu Cristo Gesù. Quando uscì fuori per predicare, alla prima lezione lo volevano subito ammazzare: “ Ma Egli passando in mezzo a loro se ne andò”. A guardar la Sua vita con gli occhi di questi prudenti, si direbbe tutta d’un’imprudenza. Non solo: ma, se questi prudenti fossero logici nel loro ragionare, arriverebbero alla conclusione che la morte, la croce, se la comprò Lui stesso… Con la Sua imprudenza.

Finalmente si ragiona: se i vicini di casa fanno a botte è giusto chiamare la polizia, avere coraggio, rompere l'omertà, denunciare le ingiustizie che ci circondano. La "falsa prudenza" dei borghesi non è in linea con il messaggio di Gesù, anche se fa un po' sorridere quel "Se questi prudenti fossero logici" riferito alla Sua morte in croce, dove di logico c'è ben poco: Chiara stessa è la prima, in realtà, a rallegrarsi che Gesù si sia fatto crocifiggere, per poi essere abbandonato e salvare l'umanità. 
Peccato che la nostra meditazione di denuncia abbia un finale agghiacciante:

Credo che non ci sia parola di Gesù che non cozzi contro questa gente. E perché Dio e il mondo sono in antitesi perfetta, e solo coloro che sanno emergere dal mondo per seguire l’orma di Cristo possono far sperare qualcosa per l’umanità.

"Dio e il mondo sono in antitesi perfetta": direi che questa è la pietra tombale su qualunque questione sociale, e del resto era possibile accorgersi fin dalle prime righe della grave regressione mentale di Chiara. Quando gli uomini sono vigliacchi, si tratta di un comportamento umano, forse fomentato dal diavolo, quando invece sono coraggiosi e onesti è "il divino" che affiora, è opera di Gesù; come se non avesse mai capito che l'essere umano ha una natura duplice, ha già di suo delle buone qualità, sulle quali Gesù fa affidamento in nome del libero arbitrio. 
Insomma, diciamolo: non serve conoscere l'Ideale di Chiara Lubich per rendere migliore la propria città. 

Andy Warhol in Vaticano 


Il vero pensiero sociale di Chiara Lubich ed il ritorno nelle città

Negli anni a venire l'interesse per la città non viene meno, nel pensiero di Chiara, ma subisce l'inevitabile involuzione che si ritrova nella parabola di quasi tutti i guru fondatori. Dalla città passiamo alla "Cittadella", ovvero all'isolamento in un proprio modello ideale di convivenza, il proprio ashram, il paradiso nascosto tra le colline (straordinaria, in questo senso, la storia della comunità di Osho trapiantata negli Stati Uniti). Ma non parliamo ora di Loppiano e delle altre cittadelle, rimaniamo su Chiara e sul momento in cui qualcuno, finalmente, la interpella a viso aperto rispetto alla questione sociale. E lei, naturalmente, dimostra convinta che la cosa la interessa moltissimo. 



Trascriviamo integralmente la domanda del gen:

Ciao Chiara, io sono Mario. Senti, quando io ho conosciuto l'Ideale... Per me che avevo una passionaccia per i problemi sociali, volevo fare la rivoluzione [attenzione che alla parola "rivoluzione" Chiara interviene subito con un "Sì"] io ho visto la possibilità concreta di farla, di arrivare fino in fondo. Poi, così.... Adesso, qualche volta, magari... Sentendo qualcuno... Vorrei dirgli come sarà questo mondo che noi gli proponiamo. Ecco, allora: com'è che l'hai visto tu?

Una nota a margine: Igino Giordani, che della società dovrebbe essere il più esperto, è completamente assente, silenzioso accanto a Chiara e perso nella sua contemplazione. 
Verrebbe voglia di dire a Mario: ma proprio con il Movimento dei Focolari vorresti fare la rivoluzione, non hai capito dove sei finito? D'altra parte, lui stesso usa il termine "passionaccia", quasi a ridimensionare l'importanza della cosa; occuparsi della società è un suo pallino, ma Chiara ha visto "un mondo nuovo", ed è meglio interpellare lei, che ne sa molto di più.

Dalla risposta, nella quale non ci addentriamo, sembrerebbe possibile ribadire il concetto: Chiara Lubich è l'ultima persona al mondo da interpellare sulla questione sociale. Non ha nemmeno capito che cosa significhi il termine: la "rivoluzione sociale" è un cambiamento nei rapporti che regolano gli uomini, non semplicemente il fatto di sfamare gli affamati e vestire gli ignudi. Ci sarà sempre qualcuno che avrà fame, a meno che gli uomini non rimettano in discussione la convivenza tra loro, ma questo significa utilizzare termini come "scontro", "contratto" e "compromesso", che Chiara detesta, e che combatterà per tutta la sua vita. 
Lasciamo ai teologi la piacevole scoperta che Chiara è l'unica al mondo ad avere capito come si legge il Vangelo, circondata non solo dagli atei, ma anche dagli altri cattolici che, dopo tanti secoli di Cristianesimo, dalle parole di Gesù non sanno estrarre proprio nulla. 
Quanto a Mario, siamo noi ad avere capito tutto: Chiara non gli risponderà mai, con franchezza, "Dio e il mondo sono in antitesi perfetta, se vuoi fare la rivoluzione sociale devi cercare un altro movimento". Bisogna tenere alla larga questi gen dal comunismo, dalla lotta di classe e dall'eversione e in generale non far sapere loro che nella Chiesa infuriano ben altri dibattiti, rispetto alle sue storielle infantili sul "Date e vi sarà dato". Il dramma della teologia della liberazione, ad esempio: quello stesso marxismo che perseguita i sacerdoti nell'Europa dell'Est, è visto dai sacerdoti dell'America Latina come uno strumento per combattere i capitalisti prepotenti, che affamano i poveri. Come conciliare le due facce, dolorose, della stessa medaglia? Meglio non guardare, vero?

Tante persone come Mario, nel corso del tempo, hanno continuato a credere che l'Ideale di un mondo unito possa risolvere i problemi sociali, e Chiara in un certo senso li ha gratificati, con la nascita dell'Economia di Comunione e delle cosiddette "inondazioni"; ma non crediate che la sua visione del mondo si sia mai modificata. Ne è la riprova il fatto che, negli anni Duemila, ha rischiato seriamente di portare il Movimento al suicidio con le "operazioni" sulle città. Almeno è quanto afferma Focolarileaks, ma andiamo con ordine. 

TRENTO ARDENTE (Cliccando qui trovate il sito) 

L'11 giugno del 2001 si concludeva la visita di Chiara Lubich alla città di Trento. Oggi pomeriggio, a distanza di vent'anni da quel giorno, il sindaco Franco Ianeselli ha ricordato quest'anniversario, che giunge a poca distanza dalla chiusura dell'anno dedicato al centenario della nascita della fondatrice dei Focolari.
L'incontro tra la città e Chiara Lubich è stato celebrato con una nuova aiuola in piazza Fiera realizzata dall'ufficio Parchi e giardini e dal servizio Cultura, con una stele, opera dell'artista della val Badia Loris Irsara e con l'esposizione all'esterno di torre Mirana di una riproduzione gigante del documento di autenticazione della foto di Silvia (Chiara) Lubich risalente al 1943. La stele e la riproduzione del documento sono stati donati dal Museo storico del Trentino che, in collaborazione con il Centro Chiara Lubich, ha realizzato la mostra allestita in occasione delle celebrazioni del centenario alle Gallerie di Piedicastello.
Ianeselli, partecipando oggi alla cerimonia, ha ricordato l'appello che la fondatrice dei Focolari ha lanciato alla sua città al termine della visita del 2001: "Chiara Lubich ha chiesto a Trento di essere "ardente", ovvero appassionata e sinceramente interessata agli altri, all'ambiente, al mondo che poi è la nostra casa - ha dichiarato il sindaco - Coerentemente con la nostra storia di terra di confine e con i valori che ispirano lo statuto comunale, Chiara Lubich ci ha anche esortato a coltivare la nostra identità speciale e plurale: Trento è infatti diventata città dell'incontro, del dialogo tra le culture e le religioni. Credo si tratti di un messaggio che, ben lungi dall'aver perso di attualità, deve continuare a rappresentare l'orizzonte verso cui tendere e per cui lavorare concretamente ogni giorno. Chiara Lubich, tra l'altro, nel 2001 arrivò in città dopo essere stata a Praga: il filo tessuto tra Praga e Trento divenne un nodo l'anno dopo, con il gemellaggio di cui nel 2022 festeggiamo i vent'anni. Questa ragnatela di legami con il mondo, tessuta anche grazie al movimento dei Focolari, persiste ancora oggi e rende Trento più ricca e aperta agli altri".

Chiara ha iniziato a girare il mondo e a ricevere premi, cittadinanze onorarie e lauree honoris causa: finalmente anche a Trento, sua città natale, iniziano ad accorgersi di lei. Non che prima fosse considerata male, anche se circolavano ancora certe stravaganti storie su Piazza Cappuccini, ma, di fatto, le era sempre stata riservata una benevola indifferenza. Ora Chiara ha trovato pieno riscontro presso il "capo spirituale", il vescovo, e intercettato pienamente il "capo civile", nelle persone del sindaco e degli amministratori della Provincia autonoma. Lo scopo della sua visita è ritirare il premio "Trentina dell'anno", assegnatole dal Rotary Club: non esattamente un'istituzione di poveretti, ma abbiamo capito che  convertire le personalità di rilievo fa parte della personalissima rivoluzione sociale di Chiara. 


Insomma, Chiara ce l'ha fatta ad approdare nel contesto civile, politico e sociale della sua Trento, dando un contributo fattivo al benessere dell'umanità? Mica tanto.
Innanzitutto, quel "chiesto a Trento di essere ardente", riportato dal sindaco, deriva dall'Aquila Ardente di San Venceslao, simbolo storico della città e del suo vescovado. Chiara ha visto un altro segno soprannaturale. E così, quando incontra la comunità dei Focolari, accorsa da tutte le province del Nordest, lancia qualcosa di nuovo, un' "operazione speciale" per Trento, che chiamerà proprio Trento ardente. Come mai la città in cui tutto è iniziato, quella dei poveri nelle soffitte e dei cinquecento che l'ascoltavano in Sala Massaia, non è stata ancora completamente conquistata dall'Ideale? Quella che il sindaco definisce, diplomaticamente,  "appassionata e sinceramente interessata agli altri", è la solita città incendiata dall'amore ci cui parlano le sue meditazioni. I segnali della storia sono espliciti, il momento della conquista è vicino: Chiara mette in campo il suo esercito e, come vedremo, non bada a spese.

La stessa cosa si verifica in occasione delle visite ad altri capoluoghi ed in occasione di altri riconoscimenti. Concentriamoci su Roma Amor, un analogo episodio verificatosi l'anno prima, in occasione del Giubileo, quando il sindaco Rutelli conferisce a Chiara la cittadinanza onoraria di Roma, paragonandola a San Paolo. E' giunto il momento: dev'essere la volta buona per realizzare la meditazione "Resurrezione di Roma". Come mai, se popoliamo la città dagli anni Cinquanta, Roma non si è ancora incendiata di Ideale, con quella combustione istantanea che il Verbo di Dio doveva garantire? Ora Chiara non è più spaventata dalla dimensione cittadina: anziché abitare nella popolosa Garbatella, dove la gente inveisce dalle finestre delle case, ha un appartamento lussuoso in Trastevere, mentre tutto il Centro dell'Opera è radicato nei Castelli Romani, tra Grottaferrata, Castelgandolfo e Rocca di Papa. In occasione del riconoscimento in Campidoglio, ha conosciuto personalità politiche di quasi tutti gli schieramenti e ne riceve attestazioni, tramite il Movimento Politico per l'Unità... Raduna gli interni dell'Opera e lancia, anche per Roma, l'operazione "Roma Amor", la nuova realtà per cui vivere.
E qui, a sorpresa, nascono le contrarietà. La prima cosa da fare non è andare dagli straccioni, ma "Dividi in vari manipoli questi uomini perché con essi tu possa lievitare la città che vuoi minare coll’amore."   Chiara pretende di realizzare una struttura organizzativa parallela a quella già esistente nella "zona di Roma", istituendo due nuovi capizona, nuovi focolari, nuove segreterie delle varie branche, insomma, nella medesima città due strutture parallele, di cui una dedicata al normale funzionamento della comunità del Movimento e l'altra dedita esclusivamente a "Roma Amor". Ma i focolarini cercano, inutilmente, di farle capire che non ci sono i numeri per duplicare così l'apparato, che si tratta di un notevole dispendio di energie, sottratte alla vita reale del Movimento; ci saranno anche molte defezioni. Come sarà finita? A metà anni Duemila Chiara si ritira per sempre dalla scena sociale, dopo aver realizzato altre operazioni simili a "Roma Amor" e "Trento ardente" nelle città d'Italia e del mondo. Non riuscirà mai a fare un bilancio realistico di questa sua ultima idea, tant'è vero che non è nemmeno facile risalire a quante siano in totale le città prese di mira dal Fuoco. 

Oggi Roma Amor consiste soprattutto in un sito firmato come "Movimento dei Focolari a Roma": è finito, dunque, lo sdoppiamento? Viene documentata una serie di iniziative a sfondo soprattutto ecologico, ma non ci sono riferimenti alla storia precedente, né agli scopi generali del progetto. Trento ardente, invece, è soprattutto un network di notizie legate a Chiara, ai suoi luoghi e alle gloriose vicende dei primi tempi.
Già, perché la concittadina Chiara Lubich ha portato una forma peculiare di turismo: il giro "ideale" di Trento. Comitive provenienti da tutto il mondo percorrono la città, seguendo un itinerario approvato dallo stesso Comune, per visitare i luoghi della santa, indipendentemente dal fatto che la "loro" santa sia, o meno, già stata santificata. 
A tutto ciò vengono associate iniziative sociali e culturali? Certamente, ma, in conclusione, verrebbe da dire che Chiara, senza volerlo, ha fagocitato la città, anziché perdersi in essa. Con qualche bella aiuola del Dado dell'Amore ha diffuso buoni propositi, ma cosa significhi incendiare Roma o Trento, Genova o Praga d'oro rimane un mistero. O, chissà, un campo aperto per un Ideale di Chiara Lubich senza Chiara Lubich:

Immagino una città d’oro dove il divino è in rilievo, splendente di luce, e l’umano fa da sfondo, messosi in ombra per dar più gran risalto allo splendore. Ogni chiesa, ogni tabernacolo rilucon più del sole, perché lì è rimasto l’Amore degli amori.

Finalmente un Ideale di coloro che sono stati messi in ombra dalla sua febbre dell'Oro, con i loro respiri, i loro pensieri. 

Commenti

  1. Dopo aver letto diversi articoli su questo blog, sull'altro e su altri siti tra cui Oref, faccio una riflessione. Credo che Chiara sia una delle tantissime buone Cristiane del 20° secolo (proveniente dal 19°...), convinte che il vangelo sia la soluzione dei mali del mondo, l'unica salvezza per l'umanità. Credo di percepire, a questo punto una cosa. Il suo ambiente familiare era abbastanza sano, sereno, felice. E quindi come molti, come ad esempio la comunità cristiana/focolarina da cui provengo, hanno fatto l'associazione automatica: con dio va tutto bene. La sua veemenza ha fatto il resto, ma credo che lo spessore culturale abbia contribuito ai grandi strafalcioni discussi e mostrati nei vari articoli. La cosa più strana è che tutti i seguaci, soprattutto teologi, non abbiano capito che questo metodo non funziona. E per la mia opinione ed esperienza vissuta, il metodo religioso non potrà salvare il mondo. Dopo quaranta anni di questo ne sono uscito. Niente più movimento, niente più religioni varie. Ma non è un rifiuto per scappare, per abbandonare qualcosa. Per me è una presa di coscienza, o meglio una esperienza, sul fatto che un dio personale, come quello delle grandi religioni monoteistiche non esiste.

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