Cantare di Chiara, Carisma- Parte II




Il 22 gennaio del 1947 furono donati a Chiara quattro volumetti di padre Veuthey, dal titolo: Crociata della carità. Fu lieta che su punti diversi si vivesse l’Ideale: o meglio, che gli uni lo vivessero, gli altri lo vedessero. “L’ora nostra è suonata” si disse, e lo disse: e bramò che tutte [le terziarie n.d.A.] si iscrivessero alla Crociata, “irradiata da Assisi, e voluta dal papa”. “O l’unità o la morte” ribadì, e chiamò Crociata dell’Unità il proprio movimento. Recatasi a Roma, si incontrò con padre Vauthey, con padre Massimei e altri conventuali, da cui fu messa in contatto con donne del Terz’Ordine, animate da un pari ideale. Più volte si recò a Roma, per comunicare con quelle anime.” (Igino Giordani, Storia di Light)

Ancora dirigente del Terz'Ordine, Chiara ritiene di avere individuato qualcuno che condivide la sua visione, e prende per prima l'iniziativa. Da notare l'atteggiamento con cui Giordani, riferisce i fatti: non si discute il primato di Chiara, Veuthey e gli altri francescani hanno solo "visto" il suo Ideale, mentre lei è quella che lo "vive". Nel frattempo, però, le danno la possibilità di espandere la propria cerchia fuori da Trento, a Roma.

Come avranno reagito Padre Casimiro e i cappuccini? Anche questi spostamenti hanno contribuito ad allontanarli dalle focolarine? Di sicuro non disapprovano la conoscenza di padre Veuthey, perché si tratta di un francescano; anche se, va detto, anch'egli è andato incontro a dei provvedimenti, a causa delle sue idee.

Nel 1943 (Vauthey) inviò al Santo Padre Pio XII il suo progetto della "Crociata della Carità", che prese l'avvio ufficialmente ad Assisi il 24 maggio 1945. Con la spiritualità di tale Movimento, influì sul nascente Movimento dei Focolarini. La Serva di Dio Chiara Lubich e le sue prime compagne trovarono in lui un consigliere ed un assistente. (Leone Veuthey, al secolo: Clodoveo, da www.causesanti.va/it/venerabili/leone-veuthey-al-secolo-clodoveo.html )

Insomma, dopo padre Casimiro, il secondo cofondatore è padre Leon Veuthey, ed è significativo; era uno studioso di San Bonaventura e di Duns Scoto, quindi seguace di una corrente neoplatonica invisa alla dottrina tradizionale della Chiesa. In San Bonaventura e nel misticismo francescano è individuabile quel nucleo di Neoplatonismo che predica la fusione delle anime nell'Uno, e quindi è affine alla visione dell'Unità di Chiara.

Che la Crociata sia voluta dal papa, come sostiene Chiara, non è dimostrato, ma sicuramente Pio XII non la osteggiava. In che cosa consistesse esattamente, non è dato saperlo, perché le biografie di padre Veuthey non lo riferiscono mai, anche se è ancora reperibile un suo libro, "La Crociata di carità. La spiritualità del movimento dei crociati", e probabilmente si tratta del testo che ha ricevuto in dono Chiara.

I viaggi a Roma per collaborare alla Crociata si trasformeranno gradualmente in un trasferimento, grazie all'incontro con un nuovo personaggio: Elena Alvino, detta "Frate Jacopa". Molto benestante, di origini tedesche, (vero nome, Elena Hoehn), è sposata con Luigi Alvino e residente proprio nella capitale; secondo Giordani, la coppia inizia ad ospitare frequentemente Chiara, tanto che lui ama presentarsi come "Luigi Alvino, primo e unico consigliere del Movimento.", ma non gli varrà per essere annoverato tra i fondatori dei Focolari.

Meglio così, considerando che Elena Alvino è stata processata e assolta dall'accusa di collaborazionismo con i nazisti: con le sue delazioni avrebbe portato all'uccisione, nel Massacro delle Fosse Ardeatine, di tre militari artefici dell'arresto di Mussolini. Se questo non preoccupa Chiara, è perché è il vescovo di Trento in persona, Mons. Carlo de Ferrari, gliel'ha presentata, dopo averla, a sua volta, conosciuta grazie al vescovo di Assisi; almeno questo è quanto che dichiara Igino Giordani in Storia di Light. L'Alvino, infatti, è una fervente convertita, passata dal protestantesimo al cattolicesimo. Chiara svolge un importante servizio su richiesta di Elena e del suo vescovo: ospitare Celeste Di Porto, una donna ebrea romana, a sua volta condannata per spionaggio e collaborazionismo e convertita dalla stessa Alvino. Michele Zanzucchi, in questo articolo per Città Nuova, tratta in modo esteso la vicenda, www.cittanuova.it/ispirata-o-manipolatrice/?ms=001&se=028, citando anche alcuni testi utili per approfondirla. Al di là di tutto, è evidente la tendenza di Chiara a mantenersi sempre estranea a qualunque implicazione politica delle sue azioni, e puramente concentrata sullo "spirito": bisogna convertire la Di Porto, pecorella smarrita, e obbedire alla volontà dell'Arcivescovo, qui finiscono i suoi approfondimenti. Da parte sua, mons. de Ferrari dimostra di riporre in lei la massima fiducia.

Ho trovato un articolo di Marco Roncalli per La Stampa del 5 giugno 2017, che annuncia l’uscita del libro "Qui c'è il dito di Dio. Chiara Lubich e Carlo de Ferrari, il discernimento di un carisma", di Lucia Albignente, Città Nuova editrice.

Si tratta di un lavoro monografico che attingendo ad un rilevante apparato di fonti d'archivio spesso inedite, getta luce sulla nascita e l'evoluzione dell'Opera di Maria- il Movimento dei Focolari- soffermandosi sul ruolo del vescovo agli albori della nascente realtà ecclesiale e negli anni delicati in cui fu sotto esame da parte della Santa Sede e della Cei, fino alle soglie della prima approvazione pontificia nel '62, durante il pontificato di Giovanni XXIII (diventata poi piena con Paolo VI nel dicembre '64). (...) Una adamantina fiducia appare sin da allora il vero collante del loro legame. Usando le stesse parole riservate- ai tempi di Carpi- alla discussa "Nomadelfia" di don Zeno Saltini, da lui approvata e sostenuta tra le critiche, a proposito del movimento fondato dalla Lubich, de Ferrari si trovò ad affermare ancora: "Qui c'è il dito di Dio."

Quindi Chiara non è la prima scelta di de Ferrari, è soltanto la seconda a cui dedica la fatidica frase "Qui c'è il dito di Dio"! L'articolo fa chiaramente capire che l'arcivescovo ha come modus operandi l'approvazione di esperienze religiose al limite, con l'intento di modernizzare la Chiesa, anche se con atteggiamento prudente. La parola "modernismo" incarna il terzo, grande pericolo per il Cattolicesimo, dopo protestantesimo e comunismo: l'affermazione del progresso scientifico, che porta anche i cristiani a modificare le loro menti.

"Oserei dire, se non fossi frainteso, che un pizzico di Novecento potrebbe entrare anche fra le risorse dell'apostolato."

Siamo nel 1941 quando il monsignore scrive questa frase in una lettera… Come pensavano di farlo, l’apostolato, con un pizzico di Ottocento, di epoca del Torquemada, di Alto Medio Evo? Assolutamente sì, se considerate che l'operazione portata avanti da Chiara e i francescani si chiama tranquillamente "Crociata". Prima di arrivare a Trento, de Ferrari è stato vescovo nella diocesi di Carpi, in Emilia Romagna, dove è radicato il comunismo, e ne ha verificato le pericolose potenzialità. Anche il diavolo poteva proporsi con il suo movimento, ed ottenere l’approvazione da certi prelati italiani, se prometteva di frenare l’avanzata del comunismo.

Ma torniamo a Chiara, al momento in cui avviene il suo incontro con l'onorevole Igino Giordani a Montecitorio, in data 17 settembre 1948. Lei lo spiega così, dal suo punto di vista:

“Giordani era in attesa da tutta la sua vita che gli si aprisse una qualche strada nella linea di quel desiderio che gli struggeva l'anima, di consacrazione totale a Dio nonostante le sue condizioni di coniugato. Aveva cercato tanto, ma non pensava certamente che l'incontro con un Movimento appena nato in Italia, nel dopoguerra, significasse qualcosa per lui. Anzi, era assai diffidente nei confronti di alcune persone che in quel periodo sembravano possedere qualche brevetto per la rinascita d'Italia, e aveva aspettato due anni prima di accettare l'incontro con me. Nel 1948, essendosi diffuso il Movimento oltre il Trentino fino a Roma, cercavamo perciò una casa e qualcuno ci aveva consigliato di chiederla a Giordani, deputato allora in Parlamento. Vi andai con un gruppetto di persone appartenenti ai vari rami francescani. (...) Non ricordo cosa mi disse appena ci vide. Io, dimenticandomi completamente il motivo per cui avevamo fatto quella visita, mi trovai ad esporre brevemente la piccola storia del nostro Movimento, che gli fece un grande effetto, come narra lui stesso in una pagina autobiografica.” (intervista a Chiara Lubich di Jean-Claude Darrigaud, Rocca di Papa 1981)

Ho cercato altre versioni del racconto, quelle ad opera di Giordani stesso, ma non ho trovato la più interessante, credo si trovi nel suo “Diario di Fuoco”. Igino Giordani spiega la sua diffidenza iniziale, nei confronti di Chiara, con il fatto che l’Italia, nel dopoguerra, era piena di mistici e veggenti che avevano “il brevetto per la rinascita”. Quindi Chiara non è così unica come si ritiene, anzi, è l’ennesima. Cosa ci fa a Montecitorio? In sostanza… è in cerca di raccomandazioni per avere una casa in cui insediare il focolare di Roma, ma questo non scandalizza il nostro Igino, che è un vero parlamentare Dc: concedere favori è il nerbo della loro attività di partito. Da parte sua, non è vero che è in cerca di una vocazione migliore di quella di laico sposato; egli afferma, più genericamente, di essere preso dalla “noia”:

Studiavo temi religiosi con passione- scriverà nel suo postumo "Memorie di un cristiano ingenuo"- ma anche per non pensare alla mia anima, del cui aspetto non ero edificato: pesava su di essa la noia; e per non confessare questa sua paresi, io mi ingolfavo nello studio e mi stancavo nell'azione. Credevo che non ci fosse altro da fare; possedevo in qualche modo tutti i settori della cultura religiosa: l'apologetica, l'ascetica, la mistica, la dogmatica, la morale... Ma li possedevo culturalmente. Non vivevo interiormente. (www.focolare.org)



Il problema della noia è molto sentito da Giordani, e non solamente da lui, come vedremo: anche nella Chiesa cattolica c’è un nutrito numero di persone che prova il desiderio di esperienze forti. Nel loro incontro discutono di cose modeste (la casa, appunto), ma rimane folgorato da come Chiara espone, dalla sua sincera convinzione di essere unita a Dio.

Esibii la cortesia del deputato a possibili elettori quando vennero a Montecitorio dei religiosi, rappresentanti le varie famiglie francescane, e una signorina, e un giovane laico. Veder uniti e concordi un conventuale, un minore, un cappuccino e un terziario e una terziaria di San Francesco mi parve già un miracolo d'unità: e lo dissi. La signorina parlò; ero sicuro di ascoltare una sentimentale propagandista di qualche utopia assistenziale. E invece alle prime parole avvertii una cosa nuova. Quando, dopo mezz'ora, ella ebbe finito di parlare, io ero preso in un'atmosfera incantata: avrei desiderato che quella voce continuasse. Era la voce che, senza rendermene conto, avevo atteso. Essa metteva la santità a portata di tutti; toglieva via i cancelli che separano il mondo laicale dalla vita mistica. Metteva in piazza i tesori di un castello a cui solo pochi erano ammessi. Avvicinava Dio: lo faceva sentire Padre, fratello, amico, presente all'umanità. (Giordani: l'incontro che mi fece un uomo nuovo, www.focolare.org, 17 settembre 2016)

Persino Valentina, l'amica quindicenne di Chiara, era convinta di farsi santa, ma Giordani ha una concezione ben più esclusiva della santità: per lui si tratta di una "vita mistica" colma di segreti per iniziati. Vuole farci capire di essersi sbagliato, quando riteneva di essersi procurato dei "possibili elettori", ma sappiamo che non è vero, e che sta ancora ragionando da politico: riconosce le potenzialità di Chiara che è stata già in grado di ottenere un risultato concreto, mettere d'accordo i vari rami litigiosi del Francescanesimo. E poi è in grado di rendere la mistica popolare, non più esoterica, accessibile alle masse.

Ma soprattutto c'è quella voce, che lo trasporta in un'atmosfera incantata... Giordani non pensa che, forse, la sua attrazione è per la persona stessa di Chiara? La cosa potrebbe non interessarci nemmeno, se non fosse un potenziale conflitto di interessi: sarà lui, infatti, a salvare il movimento in extremis dalla soppressione, e a conservare le carte del "Paradiso '49". Avrebbe messo a rischio la Chiesa per una personale debolezza?

L'autore aveva scritto numerosi volumi sulle più grandi figure spirituali: Caterina da Siena, Ignazio di Loyola, Maddalena di Canossa, Contardo Ferrini, Francesco di Paola, Vincenzo de'Paoli, Francesco di Sales, Francesco d'Assisi, solo per citare alcuni lavori monografici. Si tratta di una galleria di personalità straordinarie, di epoche e contesti differenti. Il posto d'onore in questa ricca sequela è assegnato a Chiara Lubich, della cui storia egli fece il suo "capolavoro". Quando, a 54 anni, la storia lo chiamò all'appuntamento con Chiara, non si recò spiritualmente disarmato. Sapeva misurare la grandezza religiosa di un ideale, così come aveva gli strumenti per saggiare la magnitudine di un'intuizione mistica. Per tale ragione (...) è verosimile che Giordani avvertì una sorta di supremo dovere affinché egli rendesse testimonianza della verità su chi fosse realmente Chiara. D'altronde, questo ruolo fu da lui assunto fin dai primi istanti della sua frequentazione con Chiara e il primo nucleo di focolarine. Con la sua erudizione, era in grado di svelare l'importanza e la novità della figura di Chiara alle giovani che la seguivano. (Alberto Lo Presti, Introduzione a Igino Giordani, Storia di Light, Nuova Umanità gennaio-marzo 2015)

Giordani sarà considerato dai membri del Movimento uno dei più grandi scrittori mai esistiti, un genio eclettico; se non compare, nemmeno citato, nelle antologie della letteratura italiana, sarà perché non è voluto scendere a compromessi con il mondo, che non lo comprende. E nell’interminabile elenco di biografie di santi che ha stilato, quella di Chiara è, ovviamente, il suo capolavoro, anche se l’autore stesso aveva scelto di non pubblicarla. Gli studi di una vita sono valsi come allenamento per individuare, lui, l’erudito, il più grande carisma di tutti i tempi, e soprattutto quello che li riassume tutti.

Aveva una speciale grazia di comprendere l'Ideale che Dio m'aveva dato, dandogli quell'importanza che merita. (Chiara Lubich in Paradiso '49, Nuova Umanità, XXX maggio-giugno 2008/3)

L’importanza che merita il carisma della sempre modesta Chiara: Giordani non vuole perderla di vista e, probabilmente per giustificare la sua presenza attorno al gruppo di ragazze trentine, si incarica dell’importante compito di misurare “la magnitudine dell’intuizione mistica”, che dev’essere al grado 10 della scala Richter. Deve passare molto tempo con loro, per essere sicuro che capiscano bene la vera importanza della figura di Chiara, ponendosi come una sorta di Pigmalione.

In ogni caso, se Giordani è convinto di avere individuato un carisma, noi siamo sicuri che Chiara ABBIA CARISMA.


Prossimo post: Carisma, parte III 

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