Cantare di Chiara, Carisma- Parte III



Gli storici Dottori della Chiesa erano dei tipi piuttosto tosti: non si tiravano certo indietro quando si trattava di litigare con gli avversari e, soprattutto, di tirare strali di fuoco contro gli eretici. Con Chiara, invece, non c’è mai modo di discutere: tutto è amore e armonia, ma non c’è nemmeno modo di sapere. Chiara racconta che il suo carisma è stato più volte messo al vaglio dalla Chiesa, e la presenta come una prova fisiologica, un passaggio doloroso ma obbligatorio per far nascere la sua nuova Opera; è proprio così? O c’è forse qualcosa che non va, in modo specifico, nella sua proposta?

A livello diocesano si era chiusa positivamente un'inchiesta avviata dall'allora arcivescovo di Trento, mons. Carlo de Ferrari. Queste accuse arrivarono però a Roma. Chiara è stata a lungo osservata, interrogata più volte dal Sant'Uffizio alla fine del '50 e all'inizio del '51. (...) Cosa non convinceva la Santa Sede? Direi innanzitutto che questa ispirazione partisse da giovani e, in particolare, da una donna. Ciò suscitava diffidenza. Il film ha ben sottolineato anche tante espressioni che risultavano all'epoca nuove, come la comunione dei beni e soprattutto quel riferimento molto forte al Vangelo letto dai laici che ha spinto alcuni ad accusare il Movimento di protestantesimo. Il film accenna poi alle accuse riferite da sacerdoti al vescovo di promiscuità, accuse che nascevano da quel clima di familiarità che si era creato intorno alle prime compagne di Chiara. (Intervista a Lucia Albignente per Maria Chiara Biagioni, Film su Chiara Lubich. Albignente (Focolari): "Tra realtà e fiction la storia di Chiara, un'apripista nella Chiesa", www.agensir.it 5 gennaio 2021).

Il Sant'Uffizio, vale la pena ricordarlo, è l'Inquisizione romana, istituita nel 1542 "affinché dappertutto la fede cattolica fiorisca e si sviluppi, e ogni eretica perversità sia cacciata via dai fedeli cristiani, e coloro i quali sono stati sedotti con diabolico inganno conoscano la via della verità e siano ricondotti all'unità della Chiesa." Ha conservato questo nome fino al Concilio Vaticano II (1965), quando Papa Montini lo ha ristrutturato come "Congregazione per la Dottrina della Fede"; proprio nel periodo in cui avrà fine la perquisizione di Chiara. Il Sant'Uffizio si occupa di delitti contro la fede, contro i sacramenti e contro la morale; ecco spiegato perché si voglia indagare anche sulle accuse di "promiscuità".

Lucia Albignente, in questa intervista, commenta la fiction televisiva Chiara Lubich. L'amore vince tutto, di Giacomo Campiotti, quindi non può certo dilungarsi nel descrivere le accuse rivolte a Chiara; ma va detto che queste accuse rimarranno sempre nel vago e nel generico, facendo fare a Chiara un'ottima figura: è troppo innovativa, è una leader donna, pratica la comunione dei beni... Per la verità, per quanto le ragazze siano giovani e femmine, si sono sempre mosse nell'ombra di padre Casimiro e dell'arcivescovo de Ferrari; è possibile, poi, che il Santo Uffizio impieghi così tanto tempo a pronunciarsi sul loro "protestantesimo", considerando che è un tribunale nato appositamente per questo?

(...) A partire dal '51 si sono succeduti visitatori apostolici scelti dal Santo Uffizio; anche chi era restio al Movimento, studiandolo, finiva per vedere la validità di esso. Furono anni difficili e di prova in cui fu chiesto a Chiara addirittura di allontanarsi dalla responsabilità del Movimento. Chiara scrisse così le sue dimissioni. [Fu sostituita formalmente da Giosi Guella n.d.A.] Era pronta a tutto, anche allo scioglimento, con la coscienza di offrire questo allontanamento personale per la realizzazione del testamento di Gesù: "Che tutti siano uno (...) Il Sant'Uffizio aveva vietato l'apertura di nuovi focolari, ma ciò non ha impedito il diffondersi e l'aprirsi di nuove comunità. Gli anni '50 sono anni di grande espansione del Movimento nel mondo. L'intuizione di Chiara in questi anni è rimasta comunque sempre l'anima del Movimento. (Lucia Albignente per Maria Chiara Biagioni, Ibid.)

Iniziamo a ravvisare, in questo passaggio dell'intervista, uno degli elementi di successo dei movimenti carismatici: una notevole ambiguità comunicativa che, stranamente, viene interpretata da tutti come semplicità e limpidezza. Gli esaminatori di Chiara, studiandola, si convertono in estimatori, eppure la persecuzione dura anni ed i provvedimenti sono molto gravi. Per quale motivo Chiara deve dare le dimissioni (fittizie, in quanto continua ad essere "l'anima del Movimento")? Non perché è donna, dal momento che le succede Giosi, un'altra giovane focolarina... Che fine ha fatto il sacerdote esperto che le doveva guidare? C'è qualcosa che non va proprio in lei? Sembrerebbe di sì, dal tono con cui dichiara di "offrire questo allontanamento personale": "offrire qualcosa a Gesù", nel gergo del Movimento, significa stipulare l'ennesimo patto per cui, in cambio di un grande sacrificio, si è sicuri di ottenere da Lui un successo. E' vietato aprire nuovi focolari, ma il Movimento si espande addirittura "nel mondo": insomma, Chiara e i suoi ostentano una totale obbedienza alla Chiesa, talmente assoluta da risultare sospetta, ma continuano, mentre si dichiarano pronti a sciogliere tutto, a fare ciò che vogliono, per vie parallele.

In tutte le storie che si rispettino, l’eroe protagonista ha bisogno di un cattivo interessante, per poter compiere la sua missione. Non nelle narrazioni della paladina Chiara: per i cattivi non c’è spazio, ci sono solo i buoni, e infatti “un romanzo focolarino” non è mai stato scritto, sarebbe una noia mortale. Però ogni tanto i “cattivi” devono comparire per forza di cose, almeno quando non è Chiara che scrive.

E più volte, specie negli anni successivi, la "questione focolarini" avrebbe occupato oltre che l'ex Sant'Uffizio le plenarie della Cei [La Conferenza Episcopale Italiana n.d.A.] Si ricordi, solo per fare un esempio, quella alla fine dell'ottobre '57, quando Giovanni Urbani, arcivescovo di Verona, non esitò a stigmatizzare la nascita di "Gruppi o Cenacoli o Movimenti" "Attorno a qualche laico- uomo o donna- di spiccata personalità" (alludendo chiaramente alla Lubich), quando monsignor Mario Ismaele Castellano, assistente nazionale dell'Azione Cattolica, affermò che: "Il Movimento dei cosiddetti Focolari, che toglie i migliori elementi all'AC, è laicista, nel senso che agisce all'insaputa del Vescovo, e si orienta verso i doni carismatici." O quando il cardinale Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova, paventò i suoi timori con queste parole: "La Gerarchia può vedersi superata da un'altra gerarchia spirituale, carismatica (...) La proposta, partita da Parente, di affidare i focolari ad un vescovo o ad un prelato trovò il consenso dei più. E tuttavia, già nel febbraio del '60, quasi un colpo di scena, arrivò la comunicazione del divieto per il clero secolare, le religiose e i religiosi di appartenere al Movimento e partecipare alle sue manifestazioni: un provvedimento del cardinale presidente Siri accolto dai focolarini in un atteggiamento di obbedienza, così come avvenne dopo gli echi della relazione negativa su di loro che l'assemblea generale della Cei discusse nel novembre di quell'anno con giudizi taglienti ("Manca una chiara ed organica dottrina spirituale", "E' alterata la vera dottrina cattolica circa punti fondamentali", "Esiste una diffidenza, negli ultimi tempi manifestata meno apertamente, verso il controllo ecclesiastico.") Per la commissione si trattava di un Movimento infetto da uno pseudo misticismo naturalistico, pericoloso a tal punto da dover essere sciolto in ogni struttura. (Marco Roncalli per La Stampa del 5 giugno 2017, recensione del libro "Qui c'è il dito di Dio. Chiara Lubich e Carlo de Ferrari, il discernimento di un carisma" di Lucia Albignente, Città Nuova editrice).

Mentre il Sant'Uffizio fatica a trovare elementi del famigerato "protestantesimo" dei Focolari, questi vescovi italiani sono prodighi di accuse di eresia e, va detto, risultano piuttosto convincenti, perché le loro letture della "questione focolarina" (non un problema da poco, quindi), sono molto simili alle accuse di abusi spirituali che stanno emergendo oggi.

"Non dimentichiamoci che c'è di mezzo una donna" sarebbe stata un'iconica frase pronunciata da Siri, che permise a Chiara di passare per vittima di maschilismo; ma non è la femminilità, in sé, il vero problema. Un potere carismatico oscura l'autorità della Gerarchia, andando a formare una sorta di "gerarchia spirituale", ovvero una chiesa parallela. I "doni carismatici" sono concentrati tutti in Chiara; fanno sorridere Siri e l'assistente dell'Azione Cattolica, quando dichiarano esplicitamente che i Focolari rovinano la loro piazza e tolgono potere al clero; ma non possiamo negare che abbiano azzeccato in pieno gli elementi più disturbanti. "Manca una chiara ed organica dottrina spirituale"; "uno pseudo misticismo naturalistico": non potendo prendere provvedimenti contro il Movimento, la Cei decide di isolarlo, privandolo del sostegno di sacerdoti e religiosi. Ma come mai i fedeli cattolici sono lasciati esposti ad un gruppo nel quale "è alterata la vera dottrina cattolica circa punti fondamentali", al punto che ci ritroviamo oggi, a sessant'anni di distanza, a parlare degli stessi problemi dei Focolari?

Quel 1948 rappresentò davvero un anno di svolta per i Focolari nel rapporto con il loro arcivescovo, di crescita e di sviluppo nel Movimento. Già il 3 settembre Chiara comunicò all’arcivescovo che altre tre giovani avevano ottenuto dai genitori il permesso di entrare in focolare. Nella corrispondenza successiva confermò che le cose a Trento andavano bene “Come veramente bisognava augurarsi: il lavoro nelle Parrocchie dà frutti e molte signore aprono la loro casa per raduni di vicinato”. Nelle sue lettere al vescovo, riproposte nel volume di Città Nuova, Chiara descrisse pure i viaggi che nei mesi di ottobre e novembre la videro, accompagnata dall’una o dall’altra delle prime focolarine, raggiungere Padova, Rovigo, Milano, Torino, Genova, Cuneo, Fossano e Busca (Cuneo), parlando a professori, avvocati, a tre conventi di suore, al vescovo di Rovigo. Ormai Focolari sono una realtà che supera i confini diocesani, ma il rapporto filiale di Chiara con il “suo” arcivescovo non si interrompe e i consigli del presule si riveleranno preziosi quando negli anni 1956-1957 il Movimento dei Focolari collaborò strettamente con il Movimento per un Mondo Migliore (voluto da Pio XII). In quel difficile momento storico, la garanzia dell’amicizia di padre Riccardo Lombardi e di padre Virginio Rotondi, figure di primo piano e strettamente legate a Papa Pacelli, fu di giovamento per il Movimento dei Focolari. Ma la prospettiva che si creò di una fusione incontrò una discordanza di pareri circa l’opportunità del passo. E proprio in quel momento monsignor de Ferrari assunse un atteggiamento insolito dichiarandosi contrario non certo a una collaborazione, ma a quella che il gesuita Lombardi aveva definito, riporta il volume curato da Lucia Abignente, “una fusione dei due sforzi in una opera unica”, cioè lo scioglimento come “entità distinta” dei Focolari che “con tutte le loro attività” sarebbero entrati a far parte del Movimento per un Mondo Migliore. (Angelo Izzo, Nelle lettere all’arcivescovo De Ferrari i sentimenti di Chiara Lubich davanti alle incomprensioni, agi.it 06 giugno 2017)

Dopo il medico di Gino, Chiara è scampata ad un altro matrimonio combinato! In questa storia non è la fragile “ragazza interrotta” della precedente, ma una vera e propria apostola, in missione non solamente per se stessa, ma anche per l’arcivescovo. Ecco spiegato perché il Movimento, dopo la fase iniziale, non segue più i poveri, ma le persone importanti (professori, avvocati): Chiara è in cerca delle pedine strategiche, deve espandere il Movimento e fargli acquistare posizioni di rilievo, per rafforzare la presenza della Chiesa cattolica nella società italiana. Un’azione che è anche “politica”, quindi.

Torniamo all’assemblea della Cei del 1960, quella in cui il Movimento viene accusato di “pseudo misticismo naturalistico”.

“Se è vero che la maggioranza dei presenti accettò quelle conclusioni, non mancarono però presuli che ne presero le distanze non concordando sull’opportunità di un’immediata soppressione. Tra questi il cardinale Giovanni Battista Montini e con lui i cardinali Giacomo Lercaro di Bologna, e Maurilio Fossati di Torino. Nel suo secondo intervento, Montini fece una precisa richiesta messa a verbale: quella di avvertire De Ferrari prima di ogni provvedimento. Il futuro Paolo VI non aveva ignorato la lunga lettera ricevuta alcuni giorni prima dall’amico Giordani sul caso: che così ritornò alla “Suprema” facendo andare le cose diversamente.
«Quali le ragioni che abbiano impedito il decreto di scioglimento dei focolari lo dirà il giudizio della storia. Il passare del tempo e la possibilità di nuove ricerche potrà un giorno portare luce se un fattore sia stato determinante o in più vi abbiano contribuito (…) potrà approfondire la questione dell’amicizia tra Roncalli e monsignor de Ferrari e se essa abbia avuto dei riflessi sulle decisioni di Giovanni XXIII, ecc. A dare una panoramica che possa rendere già da ora più completo il quadro e oggettivo il giudizio, va segnalata anche l’ampia relazione di difesa, richiesta dal Sant’Uffizio a don Foresi e da lui consegnata nel gennaio 1961.» (Lucia Abignente, Qui c’è il dito di Dio, da l’articolo de La Stampa, ibid.)

Per chi giudica le cose dall’esterno, è sempre impressionante scoprire le vere dinamiche della Chiesa. Ricostruendo la catena, Igino Giordani ha scritto una lettera al cardinal Montini "sul caso" (ma Montini sa che genere di rapporti hanno lui e Chiara?), Montini è intervenuto presso l'assemblea imponendo di avvertire de Ferrari prima di ogni provvedimento (ma l'assemblea non è libera di votare senza condizionamenti?), de Ferrari stesso ha fatto leva sulla sua amicizia con papa Giovanni XXXIII, anche se questa parte della vicenda è ancora negli archivi. Da notare la lettera di difesa di don Foresi: Pasquale Foresi, che Chiara ha ribattezzato "Chiaretto", era un giovane seminarista in crisi che ha incontrato i focolari nel 1949; incarna la doppia vocazione di "focolarino sacerdote" ed ha il preciso compito di gestire il dialogo tra il Movimento e la Santa Sede. L'impegno lo coinvolgerà al punto da minare profondamente la sua salute.

Far scrivere proprio a lui la lettera di difesa la dice lunga l'autoreferenzialità che il Movimento si aspetterà di tenere sempre, da questo momento, nel parlare di se stesso: una narrazione che proviene sempre dall'interno, e priva di qualunque neutralità.


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