Cantare di Chiara, Follia - parte IV




Nei mesi successivi Chiara si trova ad avvicinare delle giovani, alcune delle quali vogliono seguire la sua stessa strada: Natalia Dallapiccola dapprima, poi Doriana Zamboni e Giosi Guella; quindi Graziella De Luca e le due sorelle Gisella e Ginetta Calliari; un'altra coppia di sorelle, le Ronchetti, Valeria e Angelella; Bruna Tomasi, Marilen Holzhauser e Aletta Salizzioni. E tutto ciò accade nonostante la strada del focolare sia tutt'altro che definita, fatto salvo il "radicalismo evangelico assoluto" di Chiara. (da www.focolare.org )

Il sito ufficiale dei Focolari fa peggio di Chiara stessa, descrivendola come una cercatrice di adepte; in realtà, da parte sua, Chiara afferma di conoscere già buona parte delle "prime compagne", come vengono solennemente definite. E nemmeno questo è vero, come leggeremo tra poco.
Il primo "focolare", ovvero la loro convivenza, inizia nell'autunno del 1944, quando le ragazze hanno dai 24 ai 18 anni, quindi, a parte le sorelle Calliari, sono giovani quanto e più di Chiara.

Quando ho conosciuto Chiara Lubich nell’ottobre 1943, andavo ancora a scuola. Nel primo incontro lei mi ha parlato di Dio-Amore cioè che Dio ama me immensamente, ed io per la prima volta l’ho un po’ compreso. Avrei voluto gridare di aver trovato il "Tutto" della mia vita, la scoperta, l’Eureka. Ma perché questa scoperta di Dio-Amore è stata così forte da cambiare completamente la mia esistenza? Perché Chiara, mentre me lo spiegava, era per me quell’Amore. Per il carisma che si stava spiegando in lei e fuori di lei l’anima mia ignorante, impreparata, non spirituale, è stata come trafitta e questa realtà mi si è stampata dentro come un marchio. (testimonianza di Dori su www.indaco-torino.net/gens/99_45_04.htm)

Dori si presenta sempre così: va male a scuola, è poco spirituale, probabilmente ha avuto bisogno di altre spiegazioni, per arrivare a capire cosa intenda esattamente Chiara, ma tant'è: "Chiara, mentre me lo spiegava, era per me quell'Amore", non serve aggiungere altro per capire che genere di rapporto si sia instaurato tra le due.
Ma qual è esattamente l'occasione che ha fatto incontrare Chiara e Dori? Nel suo caso, come in quello di Natalia e di molte altre, a mandarla da Chiara è stato proprio lui... Il nostro Padre Casimiro!

Al Collegio dell’Opera Serafica le attendeva il direttore del Terz’ordine. La Zamboni racconta: Ci recammo nella cappella. Prima di entrare quel Padre mi chiamò in disparte e mi comunicò che ero stata scelta fra tutte per diventare terziaria. Mi stupii, ma accettai senza capire: era una onorificenza? era quella la sorpresa? Mi fece inginocchiare ai piedi dell’altare e iniziò la cerimonia con molte spiegazioni. […] Intanto mi misero al collo lo scapolare e ai fianchi una piccola corda pronunciando delle formule. […] Arrivata a casa misi scapolare e cordicella in un cassetto e non ci pensai più. Ritrovatili tempo dopo, le sembrò doveroso informare il frate che non sarebbe più andata poiché, a suo parere, «non era un’associazione per giovani». Il religioso, però, provò a dimostrarle quanto «il francescanesimo fosse d’attualità, quanti santi avesse formato». Doriana continua: Lo ascoltai educatamente ma per me la santità non aveva nessuna attrattiva. Alla fine aggiunse che mi consigliava di andare a conoscere una insegnante con la quale certo mi sarei trovata bene […]. Presi l’indirizzo, ringraziai e me ne tornai a casa senza più pensarci. Due, tre giorni dopo mi arrivò una cartolina: era un dipinto tutto luce […]. Me la mandava una signorina Lubich sconosciuta che mi diceva di aver avuto il mio indirizzo dal padre del Terz’Ordine, e mi comunicava di avere una cosa bella da dirmi. Perciò mi pregava di andar da lei in uno dei prossimi pomeriggi. La cartolina e il tono dello scritto mi piacquero. (Lucia Albignente, Il rapporto di Chiara Lubich con il Terz'Ordine Francescano Cappuccino nel tempo delle origini del Movimento dei Focolari (1943-1949), Rosmini Studies n.9, 2019)

Addirittura Dori si ritrova consacrata a Dio senza neanche rendersene conto; la prende in modo ben diverso da Chiara e, con il suo meraviglioso atteggiamento da ragazza pasticciona, sbatte i sacri arredi in un cassetto, per non pensarci più. "Per me la santità non aveva nessuna attrattiva": qualcuno ha la brutalità di dirlo, in questa storia! Ma le motivazioni di Dori non sono molto stringenti: non le interessa perché non ci sono giovani, nell'ambiente del Terz'Ordine, ma basterà indirizzarla alla signorina speciale, per farla capitolare. Quanto a Chiara, è in missione per conto di padre Casimiro, o piuttosto "lavora" già per sé, per formare la sua schiera? Forse non è chiaro nemmeno a lei stessa. Il dipinto "tutto luce" che manda a Dori ci conferma come, dentro di lei, arda sempre di più la fornace.

Si potrebbe continuare. È nell’ambito del Terz’ordine, infatti, che cresce il primo gruppo della comunità dei Focolari a Trento, che si raduna regolarmente in una sala attigua alla chiesa di San Marco, dedicata al card. Guglielmo Massaia. (...) Gli stessi frati del convento della Cervara notano mutamenti in seno al Terz’ordine; a volte ciò suscita apprezzamenti, altre volte commenti non di piena adesione, ma si costata innegabilmente che qualcosa sta avvenendo: una crescita sia per l’ingresso progressivo di nuove vocazioni sia per le iniziative prese, non solo di incontri formativi ma anche di visite ai malati e di assistenza ai poveri. Trento viene divisa in cinque rioni, affidati ciascuno a un gruppo distinto di terziarie e terziari; i frati passano alla fraternità TOF parte di quanto – di patate, frumento, legna, ecc. – viene raccolto alla questua nei mesi estivi. Dall’autunno 1944, la presenza delle giovani a Piazza Cappuccini 2, così vicine al convento della Cervara, dà modo ai frati di osservarle quotidianamente. Il raccoglimento profondo durante la Messa, «la gioia e l’armonia vicendevole» con cui «sciamano» alla fine della celebrazione sono di edificazione per i religiosi. Né rimangono indifferenti di fronte alla dimensione spirituale di Chiara, da cui avvertono di poter apprendere. (Lucia Albignente, Ibid.)

Ed ecco la risposta ad un'accusa che viene spesso rivolta, anche gratuitamente, alla Lubich: avere abbandonato l'impegno iniziale per i poveri, la famosa "comunione dei beni" che ha caratterizzato il primo nucleo del "focolare". Una persona giovane ed instabile come lei non avrebbe mai potuto organizzare un programma di assistenza continuativo: servire i poveri rientra nei doveri del Terz'Ordine, sono i frati ad aver organizzato la divisione dei rioni, anche se sicuramente Chiara avrà dato un forte contributo propositivo. Sono loro a fornire la maggior parte dei viveri, mentre Chiara riceve aiuti "miracolosi", frutto delle promesse di Gesù, che si realizzano a sua richiesta. Quando il Terz'Ordine prenderà le distanza dal focolare (perché accadrà anche questo, come vedremo), finirà anche l'aiuto massivo ai poveri, e Chiara sarà libera di dedicarsi a ciò che veramente le preme, la predicazione del suo "Ideale". Per il momento, i frati iniziano a rendersi conto di avere pescato uno squalo, ma credono ancora di poterlo tenere a nuotare in tondo nella loro vasca accogliente.

Le "pope", come Chiara chiama le sue compagne "bambine", sono molto felici: più che delle Terziarie, sembrano una cerchia di amiche a cui la ragazza più grande, quella più matura e saggia, confida tutti i segreti della sua nuova, fantastica vita matrimoniale, mentre ascoltano entusiaste e persino un po' invidiose. Chiara non è una babbiona come tante che frequentano gli ambienti religiosi, il focolare è un gruppo informale, si sentono libere di ridere e scherzare, sono meno vincolate a pratiche di pietà che trovano asfittiche... Insomma, non si va molto oltre una prospettiva di ragazzate. Le cose sono imprevedibili, eccitanti: è nata una grande, divina avventura.

... E invece, solo pochi anni dopo, la storia finisce.

L'equilibrio di Chiara si rompe per sempre. Ha un episodio importante a Tonadico, nell'estate del 1949. Sarebbe meglio se i famigliari fossero andarti a prenderla, forse "avere sposato Dio" non era la strada per lei. Ma Chiara è circondata da molte persone, e lontana da altre che l'hanno accompagnata finora, e questo non le è d'aiuto. E così sarà, in seguito, per molti altri focolarini suoi seguaci, che si troveranno in condizioni simili di disagio. La "mistica" è una trappola, che si ritorce contro chi si dichiara tenutario dell'esperienza, ma questo non importa alla Chiesa, perché la "mistica" attrae: è normale che il bene del singolo sia sacrificato per l'interesse della comunità. 

Non c'è più Padre Casimiro, perché il movimento che sta nascendo deve staccarsi dal Terz'Ordine e iniziare a camminare con le sue gambe. In teoria Chiara e le pope stanno passando le vacanze in un paese del Primiero, Tonadico, ma è affollato dai suoi seguaci, quelli a cui nella Sala Massaia ha tenuto dei "temi" (così chiama sempre i suoi discorsi) su Gesù Abbandonato. Quindi si è esaurita fisicamente, primo e principale rischio della "professione focolarina".

E poi è arrivato Igino Giordani, un parlamentare romano che ha conosciuto l'anno precedente. Come si legge in questo passo, Giordani è uno studioso della figura di Santa Caterina da Siena: patrona d'Italia, ma personaggio estremamente controverso, che ha suscitato intorno a sé tipici fenomeni di una personalità "carismatica". E' un uomo sposato, più grande di Chiara di 26 anni, è venuto in Trentino da Roma per partecipare ad una conferenza, in teoria, ma in realtà ha inventato una scusa per vederla appositamente. Da soli, su una panchina. Le comunica il desiderio di "legarsi stretto a lei": detta così, suona in modo molto chiaro, anche se poco mistico. Chiara rifiuta la proposta di Igino, rimandando a Dio il compito di decidere la natura del loro rapporto.

Appena il giorno precedente, lui le aveva confidato il desiderio che lentamente aveva maturato da quando, la prima volta, l’aveva vista arrivare nel suo ufficio a Montecitorio e aveva ascoltato l’esperienza evangelica di lei e del gruppo natole attorno a Trento. Fino ad allora Giordani aveva invidiato la “allegra brigata”, cioè gli uomini e le donne d’ogni condizione che nel 1300 avevano seguito Caterina da Siena. Avrebbe voluto essere nato in quel tempo ed essere uno di loro. (...) 15 luglio 1949, le chiese di “legarsi stretto”, come facevano i seguaci di santa Caterina, proponendo di farle voto di obbedienza perché lo guidasse nella via della perfezione. Chiara Lubich invece gli aveva risposto di lasciare a Dio l’iniziativa di un legame come lui intendeva. Che fosse Gesù Eucarestia, ricevuto insieme alla messa dell’indomani, a stipulare tra loro un “patto d’unità”. Gesù, venendo in lei come in un calice vuoto, avrebbe patteggiato con Gesù in lui, che doveva porsi nello stesso atteggiamento di totale apertura e disponibilità. Così era avvenuto: su lei “nulla”, fattasi “vuoto d’amore” per accogliere Gesù- l’Amore, e su lui, “nulla” come lei, era rimasto soltanto Gesù. I due erano diventati un unico Gesù. L’Eucaristia aveva operato in pienezza ciò per cui è stata istituita. (Fabio Ciardi, Sai dove siamo? Viaggiando in Paradiso Parte 2, http://fabiociardi.blogspot.com/2018/01/sai-dove-siamo-viaggiando-il-paradiso-2.html)

Tramontato San Francesco, ecco assurgere come nuovo modello: Caterina da Siena, sotto l'influenza di Giordani. E così Chiara Lubich, che ha ridato al laico una nuova dignità, ha ricostruito i reali rapporti tra Padre e Figlio, ora ha anche messo in atto il corretto funzionamento dell'Eucarestia, che fino a quel momento veniva scambiata per un semplice "Fate questo in memoria di me". L'esperienza di Chiara e Igino verrà successivamente estesa a tutti i membri del Movimento, con l'istituzione della "preghiera del patto", che i focolarini recitano al posto del raccoglimento, dopo la comunione. Al suo popolo Chiara spiegherà sempre che il patto consiste nell' "essere pronti a dare la vita l'uno per l'altro", quindi una sorta di giuramento di fedeltà e di mutuo sostegno, all'interno del gruppo. Ma il "patto" che Chiara e "Foco" (questo sarà il nome che lei imporrà ad Igino) stipulano con Gesù è qualcosa di diverso.

“Gesù, che vivi nella S.S. Eucaristia, noi singolarmente e tutti insieme Ti promettiamo anzitutto d'essere fra noi la realizzazione del tuo Comandamento Nuovo: d'amarci cioè come Tu ci hai amato fino all'abbandono del Padre. Affinché poi si realizzi il Tuo disegno su tutta l'Opera, ti preghiamo di patteggiare Tu stesso unità sul nulla d'amore dei nostri singoli cuori, fondendoci così in uno con la Tua Carità. (dalla preghiera del "Patto d'Unità" in uso nel Movimento dei Focolari)

Molti si sono chiesti che cosa significhi esattamente l'espressione "patteggiare": sembrerebbe che Chiara e Foco abbiano fatto il patto con... con Gesù, per ottenere da Lui in cambio qualcosa. E, come si confà ad ogni patto che si rispetti, hanno messo sul piatto la loro anima, ovvero si sono "fatti nulla". L'idea del "nulla", a cui sarà dedicata l'intera storia 4), nasce forse dalle vecchie pratiche tradizionali che prevedono di ricevere l'Eucarestia a digiuno da molte ore, e di digerirla senza toccarla, deglutendola senza masticarla... Forse il Nulla è necessario per non "sporcare" Dio; come se la Comunione normale, facendosi "nulla", diventi una Super Comunione. E' significativo, inoltre, il linguaggio usato da Fabio Ciardi per raccontare il momento: se a Igino viene attribuito un "atteggiamento di totale apertura e disponibilità", per Chiara si parla di "venendo in lei come in un calice vuoto".
Certo è che, a differenza di un certo tristo angelo decaduto, Gesù non dovrebbe avere bisogno di stipulare patti, perché di fatto è lui che ha donato agli uomini l'anima e la personalità. Ma Chiara si fa nulla, ovvero gli restituisce quanto le ha affidato: perché non sopporta, come vedremo, il peso di vivere, di essere se stessa.

Al termine della messa entrambi erano usciti di chiesa, Chiara per andare a casa, Giordani nel convento dei frati per una conferenza. Ma lei si era sentita spinta a ritornare in chiesa. Ancora una volta avrebbe voluto rivolgersi a Gesù chiamandolo per nome, ma non le era possibile pronunciare quella parola. Si ripeteva per lei l’esperienza dell’apostolo Paolo: «Non vivo più io, vive in me Cristo» (Galati 2, 20). Era lei Gesù, immedesimata con lui, e Gesù non può chiamare se stesso. Così, dalla bocca di Chiara era uscita la parola con la quale Gesù pregava: «Abbà, Padre». Non era soltanto una parola, era una realtà. Era stato lo Spirito a metterle sulle labbra quel nome (Romani 8, 15). Così si era trovata come in un’altra dimensione, nel “seno del Padre”, come diceva lei: «Ero, dunque, entrata nel Seno del Padre, che appariva agli occhi dell’anima (ma è come l’avessi vista con gli occhi fisici) come una voragine immensa, cosmica. Ed era tutto oro e fiamma sopra, sotto, a destra e a sinistra. (…) Era infinito, ma mi trovavo a casa». (Fabio Ciardi, Sai dove siamo? Viaggiando in Paradiso Parte 2, http://fabiociardi.blogspot.com/2018/01/sai-dove-siamo-viaggiando-il-paradiso-2.html )

Se già questa nostra storia è una variante di Chiara, a questo punto il suo personaggio può diramarsi in almeno altre tre varianti. Nella prima lei e Igino sono innamorati, utilizzano il linguaggio della mistica per mascherare la relazione. Chiara si augura la "fusione" con Igino in un modo giusto, pulito, tutta spirituale grazie all'intervento di Gesù; il desiderio di farsi nulla potrebbe nascere dal senso di colpa, insostenibile. Nella seconda Chiara teme, per un'ossessione religiosa molto frequente, di innamorarsi di Igino, e questo le provoca un enorme disagio. Infine potrebbe non esserci nulla di erotico o sentimentale, ma semplicemente Giordani porta Chiara al delirio perché non regge la relazione con lui: è la prima persona, dopo tanti anni, con cui non ha un "rapporto protetto", perché non è trentino, non è un sacerdote o un frate, non è un parente, ha un sacco di esperienze in vari campi, viene dal mondo della politica e, soprattutto, non è "popo" nel senso di sottoposto, controllato in tutto e per tutto. Eppure si mette a sua disposizione, è interessato alla sua persona: è la prima relazione autentica della vita di Chiara, e allora lo Sposo, per la prima volta, si rivela una presenza invisibile ma scomoda.

Finita la messa, al momento di separarsi, Giordani se ne torna alla sua solita vita, ovvero fare conferenze, Chiara non ci riesce. Rientra in chiesa, invece di tornare a casa: un comportamento simile a quello che terrà, in futuro, quando continuerà a tornare dai suoi consiglieri spirituali. Prende una nuova iniziativa: perché? Cosa voleva dire a Gesù, prima di essere travolta dalle visioni? Chiedergli aiuto per gestire una relazione, quella con Giordani, che è fuori dal suo controllo? Ma Gesù è proprio lo Sposo, sarà geloso; e infatti, guarda caso, le visioni iniziano quando Chiara non riesce a parlarGli.

L'indomani saltano fuori le compagne, alle quali Chiara rivela "Il Paradiso", con un giorno di ritardo rispetto a Giordani. Sembra che abbiano la capacità di sparire e apparire a comando, in un ruolo completamente subalterno. Non è vero che le visioni sono ispirate all'unità con loro, e, per dire la verità, nemmeno da quella con Giordani; lui ha partecipato alla messa rendendosi un "vuoto d'amore", ma questo è quello che ci riferiscono lui e Chiara, a livello fattuale è accaduto tutto a lei.

Ripeto che la storia dovrebbe finire qui; in qualche modo, invece, Chiara, ancora una volta, persiste e rilancia. Anziché sciogliere i legami malsani (e quello con le compagne potrebbe esserlo più di quello con Giordani), si mette a parlare di "fondazione". Significativo che sia Igino Giordani il "cofondatore" del Movimento dei Focolari: cosa ne avranno pensato i focolarini e le focolarine che si sono sfiancati per seguirla fin dalla prima ora? Loro non erano degni di essere presi in considerazione. Giordani, come dicevamo, è la prima vera alterità che si relaziona con lei.

Commenti

  1. Buongiorno! colgo al volo alcune riflessioni: 1) sono molto d'accordo con il cambiamento del titolo "Furor" o "mania divina" sono molto più adeguati per capire il fenomeno della dimensione immaginale nell'esperienza religiosa, attenuano il tabù legato al termine "follia" e ci aiutano a situare la dimensione della follia stessa nella nostra vita "normale", non medicalizzandolo, senza tuttavia obliterare le conseguenze concrete - anche patologiche nella vita concrete della persona. Il "caso" della Lubich è esemplare, è stata una persona nota, stimata dalla Chiesa, addirittura avviata alla beatificazione ed ha vissuto in tutto il corso della sua vita una situazione - diremmo col linguaggio psicopatologico - "bipolare": ha SEMPRE alternato momenti di attività frenetica, di fondazione, di scoperte a momenti di "morte spirituale" e di totale sparizione dal movimento e dalla scena "pubblica", fino al momento della morte, vissuta in una fase - come diceva lei - di "notte", un concetto usato e inflazionato dai suoi seguaci. 2) Molto azzeccata la definizione che ti è uscita di "super eucarestia", che ovviamente porta Chiara abbastanza lontano dalla prospettiva del Gesù storico, seguendo almeno l'esegesi storico critica. La sua interpretazione "esoterica" (sempre possibile ed auspicabile, a mio giudizio), dopo aver letto i testi del cosiddetto Paradiso del '49, la trovo caratterizzata da una ingenuità, incompletezza e tutto sommato banalità sconcertanti. Per dirla tranchant con le cattive parole di Nietzsche sul cristianesimo, si tratta a mio parere di un "Platonismo per ignoranti". 3) MOlto interessante e mi colpisce sul piano psicologico quel che dici circa il patto "sul nulla di noi": il nulla è in realtà il modo per fuggire da sè stessi, dato che Silvia non riusciva a sopportare per i vari carichi emotivi fortissimi che hai ben spiegato. una interpretazione molto acuta che colpisce anche chi come me ha trovato nel movimento un modo per non affrontare la dimensione emotiva in tutta la sua complessità, "bonificandola" artificialmente da tutto quello che si definisce superficialmente "negativo" ma che in realtà è la nostra personale possibilità di crescita, fertilità, vita

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    1. Stiamo lavorando alla seconda narrazione, "Carisma", e ci impressiona anche il punto di vista di Igino Giordani: la parola che ripete più spesso è "noia", intesa nel senso leopardiano del termine, come fastidio di vivere, malessere esistenziale. Giordani attribuisce la "noia", che fa parte della condizione umana, all'assenza di "divino". Come se l'unico modo, per l'uomo, di sopravvivere alla noia fosse trasformarsi in un dio... Dante, nel suo canto I del Paradiso, cita il mito di Glauco, un pescatore che mangia un'erba e si trasforma in una divinità marina. Chiara e Igino sembrano quasi ricercare questo.

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