Cantare di Chiara, Follia- Parte III

 




Si ricorda quando abbiamo parlato del mio futuro? Mi scusi se può sembrare una presunzione... Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente... Grandi cose mi ha rivelato. Ho dato a Dio tutto il cuore, tutta l'anima e tutte le forze e le spenderò per lui. Ho capito cosa Dio vuole da me. Tutto quello che dovrò fare lo farò, anche se dovessi affrontare dolori inenarrabili; ma sono certa che la sua grazia non mancherà. (Lettera di Chiara al parroco don Francesco Marcolla, da Oreste Paliotti, Loreto, dove iniziò l'avventura, Città Nuova 8 marzo 2013)

"Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente" è una citazione del Magnificat: Chiara torna da Loreto convinta di essere la Vergine Maria, ma è interessante che parli di "rivelazioni". Don Marcolla trova che tutto sia a posto; Silvia Lubich si è proposta a lui come animatrice delle ragazze della parrocchia, è un'ottima collaboratrice, affidabilissima. Addirittura è lui che la fomenta, chiedendole quale sia la sua vocazione, come avrebbero fatto, a detta di Chiara, altre persone.

Nel luglio del 1942 diventai direttore del Terz'Ordine con l'incarico di svilupparlo. Ero di convento a Trento, dove stava anche padre Bruno da Verla, direttore dell'orfanatrofio di Cognola (il "colleggetto" dove Silvia insegnò per tre anni scolastici, dal 1940 al 1942 n.d.r.). Lui venne da me e mi disse: "Tu che ti dedichi al Terz'Ordine e cerchi collaboratori, vieni su anche da noi all'Opera serafica. Ci sono tre maestrine giovani, fra cui una bravissima, la Lubich. Vieni a parlare loro di San Francesco." Quel giorno, dopo aver parlato del fuoco di amore che Francesco aveva per Gesù crocifisso e che lo spinse a lasciare tutto per lui, chiesi a Silvia: "Lei cosa pensa, cosa mi dice?" Mi rispose con queste precise parole che ricordo come se le avesse pronunciate oggi: "Padre, io non ho mai sentito cose come queste!!" Me lo disse con entusiasmo, aggiungendo: "Anch'io voglio avere questo fuoco d'amore e spargerlo ovunque!" (Intervista a Padre Casimiro Bonetti in Oreste Paliotti, Rivelazione in due tempi, Città Nuova 5 maggio 2014).

Il buon Padre Casimiro Bonetti deve allargare le file del Terz'Ordine (ovvero i francescani laici consacrati) e gli vengono segnalate le "maestrine" (sic) dell'orfanatrofio, in particolare Silvia, che è "bravissima". Sono i francescani che individuano lei, non lei che va in cerca di loro, per sistemare la sua vocazione in sospeso. Che fine ha fatto la quarta via di Loreto, la sua schiera di vergini? Silvia ha già cambiato idea? No, ma San Francesco d'Assisi ha il fuoco e, soprattutto, la capacità di "spargerlo ovunque": forse ha trovato finalmente la figura giusta di imitare, per soddisfare la sua sete di santità.

Come al solito i religiosi non colgono nulla di strano: sono molto soddisfatti, hanno fatto la loro pesca e non immaginano di avere preso nelle reti uno squalo, e non un innocuo pesciolino. La cara ragazza non intende seguire loro, ma che siano loro, un giorno, a seguire lei.

Ma ecco che Padre Casimiro ci riserva un'ulteriore sorpresa. Dal web, che non cancella, ho recuperato l'originale intervista fattagli dal giornale Avvenire quattro anni prima (Io, Chiara Lubich e quella vocazione" di Lucia Bellaspiga, 23 gennaio 2010), dalla quale Oreste Paliotti ha tratto il suo articolo.

Anche quel giorno nell'orfanatrofio di Cognola alle tre giovanissime maestre parlai dell'ideale di san Francesco, del suo "fuoco d'amore". Alla fine chiesi loro che cosa ne pensassero e una sola, Lubich Silvia, mi rispose con parole che non ho mai dimenticato: "Padre, io non avevo mai sentito cose del genere. Voglio anch'io questo fuoco d'amore, voglio portarlo nel mondo." La guardai e la vidi ardere dello stesso fuoco [...] Non voleva farsi suora, desiderava offrirsi a Dio restando laica. Io le chiesi di pensarci bene, le dissi che poi, se avesse cambiato idea, solo il Santo Padre avrebbe potuto scioglierla dal voto, ma lei era raggiante. Mi raccontò che suo fratello, medico e comunista, le aveva trovato un bravo collega d'ospedale come marito, ma che lei ormai apparteneva a Dio e come Francesco voleva amarlo attraverso i fratelli."

Insomma, Padre Casimiro ha chiesto a tutte e tre cosa ne pensassero, non alla sola Chiara, inoltre, evidentemente, lui c'era ai tempi di San Francesco, perché riconosce esattamente "lo stesso fuoco"... Ma, soprattutto, Città Nuova ha censurato l'informazione interessante per noi pettegoli: Gino vuole sistemare Silvia, con un matrimonio combinato, e si tratta di un medico, una posizione sociale difficile da rifiutare. Cosa ne pensa Silvia? Non è che per caso è questo il punto di rottura, il conflitto che la porta a buttarsi nel Terz'Ordine francescano, come una via di fuga?
Non ho mai trovato traccia di questo sposo umano in nessuna versione ufficiale del Movimento.

E veniamo alla famosa consacrazione a Dio, il 7 dicembre 1943: naturalmente lo sposo giusto, quello divino, non manca di costellarla di prove eccezionali.

Al mattino mi sono alzata verso le 5. Ho indossato il miglior vestito che possedevo, pur povero, e mi sono incamminata, attraversando tutta la città, verso un piccolo collegio. [...]Una bufera infuriava, così dovetti farmi strada spingendo l'ombrello avanti. Anche questo non era senza significato. Mi pareva esprimesse che l'atto che stavo facendo avrebbe trovato ostacoli. Quella furia di acqua e di vento contrario mi sembrava simbolo di qualcuno di avverso. [...] La chiesetta era adornata alla meglio. Sullo sfondo campeggiava una Madonna immacolata. Davanti all'altare, al di là della balaustra, era preparato con cura un inginocchiatoio. (Oreste Paliotti, ibid.)

“Immaginate, una ragazza innamorata: innamorata di quell’amore che è il primo, il più puro, quello non ancora dichiarato, ma che comincia bruciare l’anima. Con una sola differenza: la ragazza innamorata così, su questa terra, ha negli occhi la figura del suo amato; questa, non lo vede, non lo sente, non lo tocca, non ne avverte il profumo, con i sensi di questo corpo, ma con quelli dell’anima, attraverso i quali l’amore è entrato e l’ha invasa tutta. Di qui una gioia caratteristica, difficile a riprovare nella vita, gioia segreta, serena, esultante (...) Prima della comunione ho visto, in un attimo, quello che stavo per fare: avevo attraversato un ponte con la consacrazione a Dio; il ponte mi crollava dietro le spalle, non sarei più potuta tornare nel mondo. Io mi sposavo, sposavo Dio. Ed era quel Dio che più tardi si sarebbe manifestato come abbandonato. Quell’aprire gli occhi su ciò che stavo facendo – ricordo – è stato immediato, breve, ma così forte che mi è caduta una lacrima sul messalino. Credo di aver fatto la strada di ritorno verso casa di corsa. Mi sono soffermata soltanto vicino, mi sembra, al Vescovado, a comperare tre garofani rossi per il Crocifisso che mi attendeva in camera, sarebbero stati segno della festa comune.” (Chiara Lubich, in Michel Vandeleene, Quella mattina in cui Silvia è diventata Chiara in www.loppiano.it 07 dicembre 2020)

La data del 7 dicembre 1943 viene considerata "la fondazione del Movimento dei Focolari", ma la definizione non si presta del tutto; Chiara ha preso i voti provvisori come terziaria francescana, non c'è un ponte crollato alle sue spalle, potrebbe tornare indietro nella sua scelta, anche se lo scioglimento del voto è complicato. La consacrazione è un atto assolutamente privato, ma Chiara è sicura di coinvolgere altra gente; di fatto le prime persone che si aggregheranno a lei saranno dei Terziari francescani, se davvero intende fondare qualcosa di nuovo, l'idea è sua, custodita nella sua mente. Evidentemente, di San Francesco le piace non solo il "fuoco d'amore", ma anche la fondazione dell'Ordine. Non c'è ancora nessuna schiera, nessun movimento: arriveranno, ne è sicura.

Chiara si sposa come se fosse una ragazza al primo amore, addirittura che nemmeno si è dichiarata (l'amore più puro perché siamo sicuri che non s'è fatto nulla... Ma lui almeno lo sa? Si dice a volte con ironia). Questa ragazza conosce la sensualità: vede, sente, tocca e percepisce profumo, verbi riferiti ad una dimensione molto carnale, quindi Chiara non è una persona asessuale, il suo desiderio funziona perfettamente. La lacrima sul messalino potrebbe far pensare ad una presa di coscienza, al timore di compiere un gesto avventato. E invece, forse, non si tratta di un esame di realtà: sta spingendosi ancor più verso una convinzione irrazionale. Inutile che le spieghino le procedure per sciogliere i voti: sta SPOSANDO Dio, Lui potrà andarla a cercare sempre e ovunque, in ogni angolo della terra, e soprattutto dentro di lei, a differenza del medico respinto. Non si può tornare indietro dopo essersi impegnati con Uno del genere. Con i sensi dell'anima.

Chiara prende molto sul serio la metafora del matrimonio, perché di questo si tratta, alla fin fine. Fare voto di castità significa sposare uno stile di vita, non una persona... O no? Se siete stati educati in un ambiente cristiano, sicuramente anche voi avete parlato qualche volta con Gesù, avrete pensato che vi stesse osservando ed ascoltando: forse Chiara è sul serio convinta che Gesù sia un uomo invisibile agli altri, ma percepito da lei. Noi, soliti pettegoli, diremmo che si è costruita un marito immaginario, come del resto fanno molte ragazze, e non ci sarebbe nulla di male, se la metafora non assumesse particolari troppo concreti. 

Ho notato una cosa divertente: dopo tanti segni dal cielo, i fiori per festeggiare le nozze... Se li è comprati da sola! Finalmente una traccia del famoso spirito femminista.

Ma Chiara non è diventata una donna più indipendente di prima: non sa ancora che destino avrà come consacrata, e Padre Casimiro continua a tenerla sotto la sua direzione. Lei sostiene di avere altre due grandi rivelazioni sul suo Sposo: guarda caso, c'è sempre il Padre Casimiro di mezzo.

Un fatto. Facevo ancora scuola. Un sacerdote mi domanda di offrire un'ora della mia giornata per le sue intenzioni. Rispondo: "Perché non tutta la giornata?" Colpito da questa generosità giovanile, mi dice: "Si ricordi che Dio la ama immensamente". Queste parole, rivoltemi da un ministro di Dio, sono state per me come una folgore: Dio mi ama immensamente! Lo dico, lo ripeto anche alle mie compagne: "Dio ci ama immensamente. Dio ti ama immensamente". Da quel momento la vita vissuta in precedenza mi appare come adombrata di orfanezza. Scorgo Dio presente dappertutto col suo amore: nelle mie giornate, nelle mie notti, nei miei slanci, nei miei propositi, negli avvenimenti gioiosi e confortanti, nelle situazioni tristi, difficili. C'è sempre, c'è in ogni luogo e mi spiega. Che cosa mi spiega? Che tutto è amore, ciò che sono e ciò che mi succede; ciò che siamo e ciò che ci riguarda; che sono figlia sua ed Egli mi è Padre, che nulla sfugge al suo amore, nemmeno gli sbagli che commetto, perché Egli li permette per un bene; che il suo amore avvolge i cristiani come me, la Chiesa, il mondo, l'universo. (Chiara Lubich, La mia esperienza del padre, discorso in occasione dell’Anno del Padre, 19 febbraio 1999)

"Si ricordi, signorina, che Dio la ama immensamente" è una frase abbastanza di rito, direi, infatti il verbo "ricordare" fa intendere che Chiara dovrebbe saperlo già. Padre Casimiro ha le sue intenzioni di preghiera da dettare ai Terziari francescani, ma non si rende conto che la giovane, ancora una volta, si entusiasma in modo molto impulsivo, per reazione a qualcosa che le viene detto, che interpreta a modo suo, diversamente da quanto intendeva l'interlocutore. Il "ministro di Dio" che parla come una fonte di verità assoluta, la "folgore" (un altro episodio dopo quello di Loreto?), l'esagerazione di ritenersi reduce da una vita "adombrata di orfanezza": strano da dire, considerando che Chiara è nata e cresciuta in una famiglia religiosa nella quale, come scriveva Giordani in Storia di Light, l'educazione era continuamente orientata a Dio.

La vera novità sta nel fatto che ora Chiara pensa continuamente a "Dio Amore", in ogni momento, perché "Nulla sfugge al suo amore": questo fa pensare ad una tipica ossessione religiosa, quella del fedele che sente lo sguardo di Dio perennemente puntato su di lui, pronto a giudicare ogni sua azione. Qui è declinata in chiave molto positiva: Dio ama tutto di Chiara, ma vedremo che in futuro non sarà sempre così. Non solo Dio Amore c'è sempre, ma "spiega" a Chiara, dunque lei ritiene di avere aperto una canale privilegiato con Lui.

Ecco il racconto della scoperta come la narra una delle prime compagne di Chiara, Doriana Zamboni, che ne è stata testimone oculare. "Si andava a trovare i poveri e da questi, probabilmente, avevo preso un'infezione al volto. Ero piena di piaghe e le medicine non fermavano il male. Continuavo, però, con il volto opportunamente protetto, ad andare a messa e al sabato alla riunione. Faceva freddo, e uscire in quelle condizioni poteva essere dannoso. Poiché i miei me lo proibivano, Chiara chiese a un padre cappuccino [è lui! N. d. A.] di portarmi la comunione. Mentre facevo il ringraziamento, quel sacerdote domandò a Chiara qual era stato, secondo lei, il momento nel quale Gesù aveva sofferto di più durante la sua passione. Ella rispose d'aver sempre sentito dire che era stato il dolore patito nell'orto degli ulivi. Ma il sacerdote: "Io credo, invece, che sia stato quello in croce, quando ha gridato: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" Appena il padre se ne andò mi rivolsi a Chiara, sicura di una spiegazione. Mi disse invece: "Se il più grande dolore di Gesù è stato l'abbandono da parte del Padre suo, noi lo scegliamo come ideale e lo seguiamo così."

L'episodio appena narrato è situato con precisione nello spazio e nel tempo, in casa di Doriana Zamboni, a Trento, il 24 gennaio 1944. Se ne ricordano i minimi particolari, nessuno essendo indifferente, tutti compongono un disegno, esprimono un senso, a significare che esso segna una svolta, uno spartiacque tra due epoche. (Florence Gillet, Due termini in apparenza contraddittori, Osservatore Romano, 16 luglio 2017)

Ecco che si è rivelato lo Sposo, dopo la lunga attesa, quindi lo spartiacque dovrebbe essere 1944 a. GA / 79 d. GA. Per la verità Gesù Abbandonato si è rivelato a Padre Casimiro, che pur disconosce la sua scoperta: nell'intervista ad "Avvenire" afferma esplicitamente di avere risposto in quel modo senza un motivo particolare, improvvisando; probabilmente, dato che la signorina si trovava lì, in casa di Doriana anche lei (perché, oltretutto? Doriana non poteva agire da sola, senza il suo perenne accompagnamento?), ha colto l'occasione per interrogarla con i metodi paternalistici del direttore spirituale.

La questione, di per sé, è particolarmente oziosa: sarà importante stabilire non quando, ma PERCHE' Gesù ha sofferto sulla croce, quale senso abbia che un Dio debba scegliere per forza il dolore, per riparare le storture del mondo; ma per i cattolici, e non solamente quelli del Trentino, la religione è impregnata di sofferenza, non saprebbero dare valore all'azione di Gesù se non ingigantissero il dolore. C'è chi dice persino che Cristo, con quelle parole, stesse citando un salmo e qualcuno, secondo l'evangelista che fa la cronaca della crocifissione, ha pensato che stesse chiamando Elia; Chiara non approfondisce minimamente il significato dell'affermazione del cappuccino, risponde subito a Dori (che, invece di concentrarsi sul ringraziamento, è troppo curiosa di spiare il colloquio!), sostenendo che Gesù è stato abbandonato dal Padre. Attenzione, non che "si è sentito abbandonato", ma che il Padre lo ha abbandonato sul serio.

Perché Dio Padre avrebbe dovuto fare una cosa simile? E perché lei, Chiara, deve prediligere Gesù proprio nel momento peggiore della sua vita terrena, e non ad esempio in un bel momento? Più uno soffre, più le cose si fanno interessanti, e il discorso vale anche per Lui.
Bisogna dire che Chiara è realmente appassionata al "suo" GA; forse è, di tutti i capisaldi della sua spiritualità, quello a cui crede in modo più sincero, su cui ritorna volentieri per continuare a definirlo meglio. In sostanza, il Dio Padre avrebbe abbandonato GA perché, nel momento finale della sua vita, il Figlio ha caricato su di sé tutti i peccati degli uomini, divenendo "peccato" lui stesso, e quindi irriconoscibile, non più ascrivibile all'interno della Trinità, che è estranea a qualunque peccato (attenzione, qui...) Insomma: Chiara fa meglio del suo divino Suocero, che non riconosce più il proprio Figlio per via dei peccati, pronta a sceglierlo, e ad infilarsi, arditamente, in seno alla "spaccatura nella Trinità". Ma la Trinità i peccati li conosce benissimo, dal momento che ha creato l'Universo, e la condizione umana in particolare. Gesù non si è fatto uomo proprio per redimere i peccati? Una volta che finalmente li "recupera", viene disconosciuto così?

Nel descrivere la scoperta di Dio Amore, Chiara aveva affermato di sentirsi amata da Dio anche "per gli sbagli che commetto", ma qui l'ottimismo è già svanito: Dio ha una tolleranza così bassa del peccato da non considerarlo nemmeno. GA crea una sorta di "zona franca" per Chiara, in cui lei può permettersi di immaginare lo sbaglio, l'imperfezione, la trasgressione, senza sentirsi rifiutata.

Per quanto riguarda Doriana "Dori" Zamboni, è rappresentativa del tipo di ragazze che ricevono le confidenze di Chiara: giovani ed inesperte come lei, pendenti dalle sue labbra.




-- Continua--




Prossimo post: Follia, parte IV 

Commenti

  1. Questa questione di identificarsi con la madonna, ha caratterizzato tutta la vita di Chiara sin dall'inizio. Non é un dettaglio di poco conto se si considera la confusione generata da questa credenza. Basta pensare a tutte le canzoni scritte dai complessini genrosso e genverde dedicate ufficialmente alla Madonna ma sotto sotto erano scritte per Chiara. Questo ha portato il culto della personalità di Chiara al parossismo e ora un movimento così incentrato e schiacciato sulla sua figura fa fatica a liberarsi di questa eredità decisamente scomoda.

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    1. Nelle prossime storie, avremo una Chiara ancora più identificata con la Madonna: dopo duemila anni, ha scoperto quale fosse la vera personalità della Madonna.

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