Carismi e carismatici

 

"Il vostro leader è anche un artista; cosa volete di più?"



Salve a tutti da Marfisa, dopo una breve vacanza sono tornat* per sistemare gli scaffali della nostra biblioteca carismatica, registrando i nuovi acquisti. Ho capito che, in mia assenza, il dibattito si è acceso come non mai, raggiungendo livelli interessanti, soprattutto grazie al Presidente Jesus Moràn, che ci ha confezionato un bel video di Carnevale. Ma c'è un argomento che tiene sempre testa, grazie al contributo dello stesso Moràn: la trasmissione dei carismi, all'interno di un gruppo cattolico, dopo la morte del suo fondatore.
E qualcuno, mentre si discute, incomincia timidamente a chiedere ad un vicino:
"Scusate, ma... Voi sapete tutti che cos'è, precisamente, un carisma?"

Andando a tirare fuori qualche volume dalla nostra biblioteca, vi proponiamo un brevissimo percorso per chiarirci le idee sulla (possibile) nozione di carisma. Naturalmente si tratta solo di frammenti, perché l'argomento sarebbe molto vasto da esplorare.

Ho deciso di seguire questo ordine:

1) Parleremo della definizione di "potere carismatico" secondo Max Weber

2) Andremo a vedere qual è la definizione dei "carismi" per la Chiesa cattolica

3) Esamineremo, infine, la posizione del Movimento dei Focolari


1) MAX WEBER, IL POTERE CARISMATICO

Secondo il sociologo Max Weber (1893-1920), il potere è "La possibilità che un individuo faccia valere la propria volontà anche di fronte a un'opposizione".

Vi sono tre tipi puri di potere legittimo. La validità della sua legittimità può essere infatti, in primo luogo:
1) di carattere razionale - quando poggia sulla credenza nella legalità di ordinamenti statuiti, e del diritto di comando di coloro che sono chiamati ad esercitare il potere (potere legale) in base ad essi;
2) di carattere tradizionale - quando poggia sulla credenza quotidiana nel carattere sacro delle tradizioni valide da sempre, e nella legittimità di coloro che sono chiamati a rivestire una autorità (potere tradizionale);
3) di carattere carismatico - quando poggia sulla dedizione straordinaria al carattere sacro o alla forza eroica o al valore esemplare di una persona, e degli ordinamenti rivelati o creati da essa (potere carismatico).

Nel caso del potere fondato sulla statuizione, si obbedisce all’ordinamento impersonale statuito legalmente e agli individui preposti in base ad esso, in virtù della legalità formale delle sue prescrizioni e nell'ambito di queste. Nel caso del potere tradizionale si obbedisce alla persona del signore designata dalla tradizione e vincolata (in tale ambito) alla tradizione, in virtù della reverenza da parte di coloro che la riconoscono. Nel caso del potere carismatico si obbedisce al condottiero in quanto tale, qualificato carismaticamente, in virtù della fiducia personale nella rivelazione, nell’eroismo o nell’esemplarità, che sussiste nell’ambito di validità della credenza in questo suo carisma. (Max Weber, La sociologia del potere carismatico) 

Per approfondire, suggerisco di utilizzare questo articolo:

https://studiosanavio.net/leadership-carismatica

Come si può notare dalle ampie descrizioni che Weber dà del leader carismatico, deve trattarsi di una persona capace, sicura di sé, che trasmette fiducia alle masse. Al tempo stesso, però, il leader carismatico conserva sempre qualcosa di impercettibile, di irrazionale, di... Religioso. Ed infatti, la migliore presentazione di un leader carismatico non poteva che venire dalla Bibbia.

Il profeta Samuele riceve un messaggio da Dio: è giunto il momento di incoronare il nuovo re di Israele, ed il prescelto è uno dei figli di un certo Iesse. La storia segue l'antico schema di Cenerentola: Samuele si dirige verso la casa di Iesse e, al posto della scarpetta, porta con sé un corno pieno di olio, in greco  "charisma", che verserà sul capo del nuovo re, al momento della proclamazione, per conferirgli "l'unzione regale".
Figuratevi Iesse, quando viene a sapere che il nuovo re sarà uno dei suoi figli: li schiera subito in rassegna, ma, naturalmente, Samuele scarta tutti, perché a Dio non ne va bene neanche uno. "Non è che per caso avresti un altro figlio?" Iesse se n'era dimenticato: c'è ancora David, un ragazzino che sta pascolando le pecore. Non avrebbe mai pensato che la Cenerentola di casa andasse presa in considerazione; magari, chissà, dato che è pure rosso malpelo, non voleva dargli quell'opportunità, al posto di uno dei suoi figli preferiti, proprio come la matrigna della fiaba. 

Invece David diventa il più grande re della storia di Israele, e la morale non potrebbe essere più esplicita: il pastorello, in virtù dell'olio sceso sulle sue membra, possiede i doni di Dio e la forza per guidare il suo popolo. Dio si serve sempre della gente da nulla, confondendo i superbi e tutti coloro che si credono potenti di proprio. 
Ma questa storia è interessante perché, essendo appunto David un re, unisce il concetto di potere politico con quello religioso. Nessun merito di David stesso, come dicevamo, è tutta opera di Dio? In realtà, a guardare bene, Dio non ha scelto affatto male. David, dice lo scrittore della Bibbia, è di bell'aspetto, cosa che non guasta mai, per conquistare le folle. Inoltre, nel proseguo della storia scopriamo che è intelligente, capace, dotato di senso estetico- anche per le belle signore- e persino di talento artistico: è poeta e suonatore della cetra. Famosa la scena in cui si toglie i vestiti e si mette a danzare intorno all'Arca dell'Alleanza: David ha un tratto della personalità "istrionico", sa catturare l'attenzione del popolo con modalità teatrali, ma come tutti gli istrioni ha anche un lato oscuro, che ci porta all'altra concezione del leader carismatico. Quella del dittatore, del falso messia e del divoratore di anime. 

2) I "CARISMI" NELLA CHIESA CATTOLICA

La materia è vastissima, ma suggerisco di partire da uno dei documenti più recenti: Iuvenescit Ecclesia, lettera ai vescovi del 15 maggio 2016, ad opera del Cardinale Gerhard Muller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e del segretario Arcivescovo Luis F. Ladaria. Insomma, i vecchi amici del Sant'Uffizio, che non hanno smesso di occuparsi di Chiara Lubich e degli altri laici dalle vite movimentate. 


La prima cosa che si può notare è che manca, in qualunque parte, la parola "potere": nella Chiesa ci sono solamente "doni" di Dio, in particolare dello Spirito Santo. Non a caso la data della lettera è un giorno di Pentecoste: il bel giorno in cui si è udito un rombo di tuono, il tetto della casa in cui si trovavano Maria e gli apostoli si è scoperchiato, sono scesi i doni prodigiosi dello Spirito, come lingue di fuoco. Da fifoni e disorientati quali erano, dopo la morte di Gesù, gli apostoli sono diventati dei propagandisti perfetti, soprattutto perché hanno acquisito un potere eccezionale: farsi comprendere in tutte le lingue.

Interessante: tutti i pittori mostrano sempre il momento del fenomeno soprannaturale, mai quello successivo dell'uscita dal cenacolo e del proselitismo


Ogni singolo carisma non è un dono accordato a tutti (cf. 1 Cor 12, 30), a differenza delle grazie fondamentali, come la grazia santificante, o i doni della fede, della speranza e della carità, che sono invece indispensabili ad ogni cristiano. I carismi sono doni particolari che lo Spirito distribuisce «come vuole» (1 Cor 12, 11).

Anche il vero potere, che esiste innegabilmente nella Chiesa, viene definito "dono ecclesiastico": è il potere della gerarchia, che Weber definirebbe "tradizionale", perché affonda le sue radici nel carattere sacro delle tradizioni valide da sempre, ma anche legittimo, dato che nella Chiesa, sebbene non sia una democrazia, esistono nomine, elezioni, e timide forme di potere "dal basso". Insomma, gli unici che non sono autorizzati a governare sono proprio i carismatici! D'altra parte, loro non hanno meriti, fa tutto lo Spirito Santo. 

L'altra cosa interessante è che la lettera esamina la definizione del carisma nei primi tempi del cristianesimo, per poi saltare a piè pari direttamente all'epoca del Concilio Vaticano II, quando assistiamo alla nascita delle comunità carismatiche. Non vengono presi in considerazione i secoli intermedi. 

Paolo dichiara che «la manifestazione dello Spirito è data a ciascuno per l’utilità». Molti traduttori aggiungono: «per l’utilità comune» (...) Questa destinazione all’edificazione di tutti è stata ben compresa, ad esempio da Basilio Magno, quando dice: «E questi doni ciascuno li riceve più per gli altri che per sé stesso […]. Nella vita comune è necessario che la forza dello Spirito Santo data all’uno venga trasmessa a tutti. Chi vive per conto suo, può forse avere un carisma, ma lo rende inutile conservandolo inattivo, perché lo ha sotterrato dentro di sé» [15]. (...) I carismi che hanno un’utilità comune, siano essi carismi di parola (di sapienza, di conoscenza, di profezia, di esortazione) o di azione (di potenza, di ministero, di governo), hanno anche una utilità personale, perché il loro servizio al bene comune favorisce in coloro che ne sono portatori il progresso nella carità. Paolo osserva, in proposito, che, se manca la carità, anche i carismi più elevati non giovano alla persona che li riceve (cf. 1 Cor 13, 1-3). Un passo severo del Vangelo di Matteo (cf. Mt 7, 22-23) esprime la stessa realtà: l’esercizio di carismi vistosi (profezie, esorcismi, miracoli) può purtroppo coesistere con l’assenza di una relazione autentica con il Salvatore.

In questo passo abbiamo anche il ventaglio di possibili carismi: di parola, di azione (qui con abili giri di parole si dà spazio all'argomento del potere) e... Una serie di fenomeni più o meno pittoreschi, che suscitano grande attrazione nella folla, e preoccupazione in San Paolo. C'è il ragionevole rischio che la Chiesa si popoli di ciarlatani, di persone che sfruttano dei doni ricevuti per il proprio personale tornaconto; ma, d'altra parte, se Basilio Magno scrive "Chi vive per conto suo, può forse avere un carisma, ma lo rende inutile conservandolo inattivo, perché lo ha sotterrato dentro di sé» dobbiamo aspettarci che tutti i suoi lettori si sentano speranzosi di avere anche loro qualche talento sotterrato, e sognino di tirarlo fuori per il bene dell'umanità. Se è capitato a David, di passare dalle pecore al trono, perché non anche a me? 

A mio avviso, però, a questo punto la Chiesa prende una china pericolosa. Parlando insistentemente di "utilità comune", si finisce per giudicare il carisma con un unico metro: quello dei suoi frutti. Il santo fine giustifica i mezzi: i carismi trasformano il "mercato religioso" in un colorato supermercato, in un grande centro commerciale, in cui ognuno si sente libero di acquistare quello che preferisce. 
La seconda parte della lettera di Muller è tutta dedicata a soppesare l'utilità dei movimenti ecclesiali. 

Significative appaiono anche le affermazioni in Lumen gentium, n. 12 circa la realtà carismatica, nel contesto della partecipazione del Popolo di Dio all’ufficio profetico di Cristo, in cui si riconosce come lo Spirito Santo non si limiti «a santificare e a guidare il Popolo di Dio per mezzo dei Sacramenti e dei ministeri, e ad adornarlo di virtù», ma «dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi vari incarichi e uffici utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa».

La Lumen gentium è un'enciclica di Paolo VI che, ricordiamoci, era grande amico di Chiara Lubich ed Igino Giordani, e infatti i suoi toni nei confronti dei carismi sono entusiastici. 

«Questi carismi, dai più straordinari a quelli più semplici e più largamente diffusi, siccome sono soprattutto adatti alle necessità della Chiesa e destinati a rispondervi, vanno accolti con gratitudine e consolazione» [24]. Riflessioni analoghe si trovano anche nel Decreto conciliare sull’apostolato dei laici [25]. Il medesimo documento afferma come tali doni non debbano essere ritenuti facoltativi nella vita della Chiesa; piuttosto «dall'aver ricevuto questi carismi, anche i più semplici, sorge per ogni credente il diritto e il dovere di esercitarli per il bene degli uomini e ad edificazione della Chiesa, sia nella Chiesa stessa che nel mondo con la libertà dello Spirito» [26]. Pertanto, gli autentici carismi vanno considerati come doni di importanza irrinunciabile per la vita e per la missione ecclesiale. E’ costante, infine, nell’insegnamento conciliare, il riconoscimento del ruolo essenziale dei pastori nel discernimento dei carismi e per il loro esercizio ordinato all’interno della comunione ecclesiale [27].

"Rinnovamento e maggiore espansione della Chiesa": più chiari di così non si potrebbe essere. "Sono soprattutto adatti alle necessità della Chiesa": ma è la Chiesa che esiste in funzione dei fedeli, o sono i fedeli che esistono in funzione della Chiesa? Le comunità dei carismatici non diventeranno, per caso, schiere di individui sacrificabili, stritolati come rotelline di un ingranaggio, per il bene superiore dell'Istituzione? Il rischio per loro è più grande, rispetto ai fedeli "tradizionali", per via delle doti "carismatiche" dei loro leader, che, come abbiamo visto, possono avere dei lati molto oscuri. Il leader è leader, il potere carismatico non si può nascondere, ma se la Chiesa ne concede poco all'esterno, dove finirà ad esercitarlo? Ovviamente all'interno della sua comunità, dove facilmente si ritroverà a dominare senza un contraddittorio. 

Chi dovrebbe sorvegliare il leader e i suoi collaboratori? La gerarchia ecclesiastica, afferma esplicitamente la Iuvenescit Ecclesia; ma, se andiamo ad individuare al paragrafo IV i "Criteri per il discernimento dei doni carismatici", non c'è da dormire sonni del tutto tranquilli. Rispetto ai pericoli reali delle dinamiche settarie, delle manipolazioni, della gnosinon traspare particolare consapevolezza, mentre buona parte della trattazione è dedicata, con insistenza, al rapporto tra "doni gerarchici" e "doni carismatici". Insomma, l'importante è che i movimenti non disturbino troppo il clero, in termini di potere e, sulla base di questo accordo, lo stesso clero lascerà loro una notevole libertà... Di movimento. 


3) I CARISMI PER I FOCOLARI

Chiara Lubich possiede una sua originale comprensione dei carismi. Li vede come lo spiegarsi di Cristo attraverso i secoli, come un Vangelo vivo. Se Cristo è il Verbo di Dio incarnato, scriveva nel lontano 1950, a soli 30 anni, “la Chiesa è il Vangelo incarnato. Così è Sposa di Cristo.  Noi vediamo attraverso i secoli fiorire tanti Ordini religiosi su tante ispirazioni quanti essi sono. Ogni Ordine o Famiglia Religiosa è l’incarnazione d’un’“espressione” di Gesù, d’una sua Parola, d’un suo atteggiamento, d’un fatto della sua vita, d’un suo dolore, d’una parte di Lui”.

I carismi appaiono sostanziati dal Verbo, sue espressioni: lo contengono e lo manifestano, sono verbo nel Verbo, un Vangelo incarnato. “In tutti gli Ordini è un raggio dell’Ordine che è Dio. In tutte le spiritualità una luce della luce che è Gesù”. I fondatori sono contemplati come “ortoprassi” della dottrina cristiana. La loro vita è illuminata e guidata dal Vangelo e insieme lo spiega. Ognuno di loro, scrive ancora Chiara, “ha ordinato in famiglia” i propri seguaci “con le leggi eterne del Vangelo, sentite risuonare con novella e attuale forza dallo Spirito Santo nel suo spirito”. 

Significativamente Chiara recupera tutti quei secoli che la lettera di Muller aveva ignorato: per lei i carismi coincidono soprattutto con gli ordini monastici e le famiglie religiose. Nei Focolari più che mai si evita la parola "potere": fa brutto solo immaginarla. I leader carismatici sono sempre definiti "fondatori"  e "santi", con una virata sul personalismo, nel senso più pieno che si possa immaginare. I santi compiono azioni prodigiose, scuotono le folle, hanno dei talenti eccezionali, possono anche possedere un lato oscuro, come insegna San Giovanni della Croce, che trasforma in tesori mistici persino quello. La loro cifra è la CREDIBILITA', portano la gente a credere più facilmente alle verità della fede, perché sono vicini alle persone comuni, emozionali, sofferenti ma vittoriosi, e via dicendo.  

Ma, soprattutto, i carismi recuperano un'autorevolezza, nella visione della Lubich, che la gerarchia ecclesiastica non può nemmeno avvicinare: sono loro che completano la Rivelazione, incarnando meglio, progressivamente, le diverse parti del Vangelo. Come ciò accada, è legato alle visioni mistiche del '49, dove l'anima si fonde misteriosamente con Dio, e tutte le anime si fondono tra loro, quindi  "I carismi sono sostanziati dal Verbo, sono Verbo nel Verbo", in piena logica (se di logica si potesse parlare) delle dinamiche trinitarie.

Si può ora comprendere meglio l’apporto specifico della spiritualità dell’unità alle altre spiritualità nella Chiesa. Nessuna concorrenza o dicotomia. La spiritualità dell’unità aiuta piuttosto a vivere l’amore reciproco in tutta la sua autenticità, con la misura espressa da Gesù crocifisso e abbandonato, anche tra benedettini e domenicani, tra gesuiti e francescani, tra verbiti e lazzaristi, introducendo nella pienezza della vita evangelica. Grazie a questa comunione dei doni tra persone di differenti ordini e istituti Gesù si rende nuovamente presente tra di loro e lui, il Signore Risorto, torna a spiegare le Scritture – il carisma di ciascuno –, proprio come aveva fatto quando si era reso presente tra i due discepoli di Emmaus.

Sono contenti, i vari ordini religiosi, di vedersi così accomunati tra loro e imparentati con i carismi di Chiara Lubich e degli altri leader di movimenti? Condividono questa idea del "Cristo dispiegato nei secoli", o piuttosto la avvertono  con preoccupazione, come una gnosi? Non bastava la rivelazione di Cristo, ogni carisma ne porta una di migliore? 
Sicuramente saranno felici i numerosi religiosi e sacerdoti che, fin dal principio, hanno aderito ai Focolari ed hanno aiutato Chiara a cavarsela con il Sant'Uffizio, nonché ad espandersi a macchia d'olio. Va anche ricordato che lei stessa ha manifestato il "potere carismatico" nei primi anni Quaranta, ben prima del Concilio Vaticano II, quando intorno a sé aveva solamente i francescani di Padre Casimiro, che l'hanno accolta.

Ma parliamo proprio di lui, il fondatore di Ordini per eccellenza: Francesco d'Assisi. Più improbabile del pastorello dei capelli rossi, si può avere solo un altro genere di individuo: il vagabondo a cui è partito un po' il cervello, ma che dice cose interessanti, a rischio di potere pari a zero per le gerarchie. 

"Il vostro leader è un artista e pure si spoglia; cosa volete di più?" 

Ignorante, ma non troppo, dedito a comporre poesie a "Madonna Povertà" come un poeta provenzale, Francesco rifiuta categoricamente di farsi ordinare sacerdote. Come mai? Non si ritiene degno, per questioni di competenze e, soprattutto, di umiltà. Però poi incontra un certo Fernando Martins de Bulhoes, che ha ricevuto un'ottima formazione presso il grande monastero di Coimbra, è rimasto folgorato dal carisma francescano ed è dotato lui stesso di notevole carisma. Non solo lo incoraggia a svolgere il ministero del sacerdote, ma lo promuove a più grande predicatore e propagandista dell'epoca. Trasferitosi a Padova con il nome nuovo di Antonio, Fernando farà la scalata alla santità più veloce della storia, dato che la sua canonizzazione avverrà a tempi di record e coram populo, ancora oggi è conosciuto in tutto il mondo e gli vengono affidate dai fedeli richieste di ogni tipo.

Da parte sua, Francesco d'Assisi viene "punzecchiato" da certi storici perché, anziché intraprendere una rivolta contro le ingiustizie nella Chiesa, ha preferito rimanere nell'alveo ed affidarsi alla gerarchia. In realtà, Francesco ha fatto una cosa molto intelligente, per un leader carismatico: ha preteso con insistenza di stendere una Regola, che mettesse nero su bianco le caratteristiche, anche stravaganti ed estreme, del suo movimento, e l'ha riscritta in più versioni, fino all'approvazione definitiva. Lasciandosi monitorare dalla gerarchia ecclesiastica, ha perso in termini di sovversione politica, ma ha evitato quella tendenza allo spontaneismo e, quindi, alla libertà senza freni, che hanno i movimenti attuali, quando si riuniscono a porte chiuse. Le regole degli ordini religiosi distinguono bene tra foro esterno e foro interno, parlano esplicitamente di posizioni di comando, e così via; cose che negli Statuti dei movimenti sono più approssimative e, quindi, pericolose.

Una nota curiosa... Rispetto ad Antonio, che aiuta le ragazze a trovare marito,  è Francesco ad essere un santo molto più "politico": patrono d'Italia, ispiratore del dialogo ecumenico, del pacifismo, dell'ecologia, di innumerevoli gemellaggi tra Assisi e le città del mondo, di manifestazioni, marce, no profit... Chi non vorrebbe essere come lui? Chiara Lubich sicuramente; torniamo alle sue riflessioni. E alle sue visioni: qui scrive nella piena fase delle rivelazioni mistiche: 

"Il nostro Ideale (ossia il carisma n.d.r.) non solo risolve tutti i problemi umani (chè l'uomo è opera di Dio e Dio è Amore e l'Amore è il nostro Ideale), ma porta una nuova teologia, o meglio dà sviluppo ulteriore, perfeziona, completa la teologia e con essa l'ascetica e la mistica. La dottrina della Chiesa è come un albero fiorito, sviluppatosi attraverso i secoli. Il nostro Ideale dà ad esso una nuova fioritura; quasi ricopre la chioma di questo albero, di un nuovissimo manto di fiori e sembra - e lo è - che tutto l'albero tenda a questa fioritura e sia in funzione di essa o per essa, perché solo nel nostro Ideale è il compimento dell' Evangelo, della legge." (Chiara Lubich, lettera del 6 novembre 1949) 

Forse perché la sua è “Opera di Maria”, “si comprende come lei [Maria], madre di tutti i fedeli e della Chiesa, possa aver suscitato un Movimento ecclesiale che raduni tutte le vocazioni della Chiesa. E, perché colma di tutti i carismi di Dio, non abbia escluso i religiosi che ama senz’altro di un amore particolarissimo. Essa vuole, anche attraverso questa sua opera, dar una mano a tali figli prediletti”.  (Chiara Lubich, Ibid.) 

Non poteva finire che così: dopo essere stata accolta dai francescani e da altri "carismi" storici, la giovane leader rende opportunamente omaggio ai suoi predecessori, ma passa subito a proporre il suo carisma come quello indispensabile, in grado di riunificare tutti gli altri e di permettere, addirittura, il ritorno di Dio a "spiegare le Scritture". Alla base di tutto, come sempre, le dinamiche trinitarie.
"Maria", la nostra leader femminile, raduna intorno a sé sacerdoti, vescovi e religiosi di ogni ordine: i carismatici non hanno potere, nella Chiesa, le donne men che mai, ma Chiara Lubich, grazie alle sue indiscusse doti carismatiche, per non dire manipolatrici, è riuscita a giungere a tanto. Si fermerà, nella sua ascesa verso gli altari? 

In conclusione: negare il potere di un leader carismatico, come cerca di fare la Chiesa, è impossibile; il "carisma" sa trovare sempre le sue vie, anche molto traverse e manipolatorie, per trionfare ed imporsi; per essere "solo una donna", Chiara potrebbe quasi mettersi in testa al cenacolo composto da soli uomini. Tanto vale, invece, riflettere, formare le persone sui rischi di questo genere di potere, ricordando che esistono anche gli altri due (quello legittimo, in particolare, che si esercita andando a votare), ed imparare a gestirlo con gli opportuni correttivi. Sarà mai possibile? Ovviamente la tendenza a ricercare "carismi", soprattutto in certi momenti di fragilità delle nostre vite, non finirà mai. I carismi regalano anche tanti bei sogni.
Ma siamo sinceri: insegnare come funzionano i carismi significa far diventare i credenti delle persone adulte, meno pecore e, quindi, meno disponibili a farsi salvare dal pastore, buono o cattivo che sia. 

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